Gatti, cani, tigri e orsi: Valentina Perin, la paladina della dignità degli animali

Valentina Perin, coneglianese e gattara doc, è l’infaticabile presidentessa regionale dell’Enpa. «Abbiamo salvato iguane, linci, orsi, e una tigre di un malavitoso. Ed Eni, il gatto a sei zampe»

Fabiana Pesci
Valentina Perin con una delle sue gatte
Valentina Perin con una delle sue gatte

«Okay, ti richiamo tra 5 minuti». Quel tempo passa, squilla il telefono: «Eccomi, risolto, arrivo». Se c’è un animale da salvare, a prescindere dal numero di zampe, se ha pelliccia, piume, squame, lei c’è. Per Valentina Perin, coneglianese doc, bandiera di Enpa, salvare gli animali è una missione: «La loro dignità e il loro benessere è il mio mantra».

Si professa gattara, ma alle ciabatte preferisce i tacchi 12 e ai bigodini il biondo delle meches. Aiuta, coinvolge, inventa, con un entusiasmo dirompente. Per lei far sequestrare una tigre a un malavitoso o spostare un orso nel suo habitat è la normalità. Sposata, un figlio, un lavoro che, guarda caso, le permette di sviluppare progetti di salvaguardia animale.

Da dove nasce questa sua passione, che definirei missione, per gli animali?

«Ho un ricordo di bambina, volevo tanto un cane. Si chiamava Laika. Era vecchiotta, volevo adottarla. Ma non c’è stato verso di convincere mia mamma. Così ho ripiegato su un cardellino preso a una sagra: ho adottato quello che aveva un occhio e una zampa soli. L’ho chiamato Marco Polo, ho dato una chance a chi non sarebbe mai stato amato. In realtà l’amore per gli animali me l’hanno trasmesso i miei nonni, Laika alla fine andò da loro».

Poi è andata a vivere da sola, e il cane se l’è preso…

«Sì e non sapevo nulla. Sono finita in un allevamento, potevo solo prendere un cagnolino di taglia piccola, stavo in un appartamento. Mi sono presentata e ho visto subito questa bestiola, non era socializzata, un caratteraccio insomma. Sono riuscita a prendere Pachà, rimasta con me 14 anni, ma mi sono subito resa conto che qualcosa non andava lì, le mamme erano sfruttate. Bene, ho preso il cane, poi ho fatto chiudere l’allevamento».

Fin da ragazza il benessere animale è stato il suo obiettivo.

«Sì, non riuscivo a girare la testa dall’altra parte. Tornando da un viaggio in Egitto, all’aeroporto di Bergamo c’era una persona che voleva disfarsi di un’iguana. Rino, così l’ho chiamata, è tornato a casa con me. Era acciaccato e per quanto ha potuto ha vissuto con me, amato».

Poi è arrivata l’Enpa?

«Sì. Un’avventura meravigliosa, fatta di persone uniche, nata al tavolino di un bar. Anche questa storia si intreccia a una vicenda personale. Mi sono presentata in canile perché volevo adottare un cane e non volevano darmelo. Con alcuni amici ci siamo rimboccati le maniche, per rilevare la gestione del canile abbiamo dovuto aprire un mutuo a garanzia personale. Ah, sia chiaro, alla fine il cane l’ho adottato, Penelope, acciaccata e vintage».

Dal canile al gattile il passo è stato breve?

«Sì, abbiamo capito in fretta che c’era bisogno di una sede strutturata, non di soluzioni di fortuna. Da parte del Comune di Conegliano c’è sempre stata una grande disponibilità. E anche lì abbiamo portato a termine il nostro progetto. Il nostro obiettivo è la salute degli animali, non ci accontentiamo delle donazioni dettate dalla pietà, i video strappalacrime. Noi facciamo. Che siano progetti piccoli, che siano desideri di donatori da esaudire. Si pensi che un anziano ci ha donato del denaro, in cambio ha chiesto che il suo corteo funebre passasse dentro al canile. Ci siamo riusciti».

Ma lei si occupa solo di cani e gatti?

«No, attraverso la collaborazione con associazioni internazionali aiuto a salvare linci, tigri, orsi. Penso solo al progetto “nate libere”, per le tartarughe marine, i canili della Bosnia. Ma ci sono anche episodi più divertenti: la storia del maialone Bando, rimasto incastrato nel suo box. Lo abbiamo liberato, ha potuto vivere felice. Ecco, la parola giusta è dignità: gli animali devono avere una vita degna di essere vissuta».

L’episodio più pericoloso?

«Forse quando siamo andati a Caserta. Avevamo saputo che un malavitoso teneva illegalmente una tigre in un luna park. Gliela abbiamo fatta sequestrare. Poi quando fummo costretti a barricarci in canile perché ci minacciavano».

Anche nei dintorni di Treviso avete fatto rumore...

«Molti si ricorderanno la storia dell’orsa Alice, sequestrata in un ristorante che la teneva in gabbia. Abbiamo ingaggiato una battaglia, alla fine ha vinto il buon senso e l’orsetta è andata a vivere in un luogo sicuro».

In famiglia come hanno preso questa missione?

«Beh, mio marito lo faranno santo (ride, ndr). Ogni nostro viaggio è uno spunto per imparare qualcosa. A Bali per vedere come vengono salvate le tartarughe, a Miami al centro animali sequestrati. Mio figlio ha una spiccata sensibilità per gli animali. Abbiamo adottato a distanza un elefante, avrà l’opportunità di andare ad assistere alla sua liberazione».

Ma dove trova il tempo per tutto?

«Nei primi tempi gestivo il lavoro, gestivo la contabilità per una multinazionale, e il volontariato per gli animali. Poi quando è nato mio figlio ho scelto di prendermi del tempo, in questo modo ho sempre potuto mantenere il mio impegno con Enpa. Poi qualche tempo fa è arrivatala chiamata della stilista Elisabetta Franchi: mi ha voluta per gestire i progetti della sua fondazione. Ne sposo i valori».

Delle storie che le sono rimaste nel cuore?

«Il gattino Eni, nato con sei zampe. Il suo padrone voleva farlo sopprimere, il medico ci ha chiamato. Eni ora ha 4 zampe e vive felice con la sua famiglia. Ecco, questa è la nostra storia: tendere la mano a chi non può gridare l’ingiustizia che sta subendo e arrivare all’impossibile. Poi Piccola, la cagnolina gettata dal finestrino. Lei non c’è più, perché a volte l’impossibile non basta. Ma abbiamo aiutato una ragazza con il cuore a pezzi».


La scheda 

Valentina Perin, coneglianese doc, vive in collina, insieme alla famiglia: suo marito, suo figlio: poi c’è Gerardo, una tartaruga gigante, Benvenuta, una coniglietta, un buon numero di gatti (tutti salvati da situazioni complesse) una quantità indefinita di rondini, per cui, dalla Germania, si è fatta spedire uno stock di nidi finti. Hanno apprezzato e si sono accasate lì.

Un tempo gestiva la contabilità per una multinazionale, poi la missione con l’Enpa - è presidentessa regionale - l’ha coinvolta a tempo pieno. Ora è responsabile della Fondazione Elisabetta Franchi Onlus.

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