Nicola Romano, il custode di acque e segreti del Sile

Nicola Romano ha portato in città il marketing della natura: organizza e promuove tutte le attività della Canottieri: «Il Sile ormai è il mio ufficio»

Nicola Romano
Nicola Romano

Dicono sussurri solo a folaghe e cormorani, perché con i ragazzi ha un vocione che te lo raccomando. È un mix tra Mowgli e il ceo di Starbucks. Ha trasformato il Sile nel suo ufficio, diventandone il custode. Lui è Nicola Romano, il deus ex machina della Canottieri Sile, che ha portato il marketing alla cultura ambientale, a tutela del fiume della città.

È cresciuto a Treviso?

«Sono nato e cresciuto alla Canottieri. Mio papà Francesco, socio da una vita, mi ci portava fin quando ero piccolino. Era canoista. Mio fratello Andrea ha vinto anche diversi titoli italiani, da canottiere. Io invece andavo in K1 olimpico, più stretto di un normale kayak».

Quando è salito in barca per la prima volta?

«Avrò avuto 3-4 anni. Facevo da timoniere tutte le domeniche. C’era il proprietario della Campana, Francesco Ferrarese, che per convincermi mi regalava guanti e cappello. Poi ho frequentato il Riccati, in piazza Vittoria, a un passo dal Sile».

Solo canoa?

«Ho cominciato con le tre discipline, kayak, canottaggio e voga alla veneta. Che è lo stile che preferisco, si sta in piedi e si guarda il senso di marcia. Mi regala libertà».

I bambini in Dragon boat con Nicola Romano
I bambini in Dragon boat con Nicola Romano

Il suo era un club ristretto?

«Una volta la Canottieri Sile era una società abbastanza particolare, elitaria. Notai, medici, avvocati: per entrare servivano due soci firmatari e il consenso del direttore sportivo. Luciano Benetton, socio onorario, ha regalato tantissime barche al club. Però la società era chiusa, dopo aver vogato si voleva esser certi che il campo da tennis fosse libero. Un numero limitato di soci ti consente di avere una gestione diversa. Questo fino a circa 15 anni fa».

E poi?

«E dopo il tempo è cambiato, il Sile è di tutti... Ora corsi di voga anche per i non soci, i progetti con le scuole iniziati 8 anni fa, dando la possibilità ai ragazzi di esplorare il Parco del Sile... Ci siamo aperti alla città».

Un progetto per i ragazzi?

«”Vogo, vedo, imparo”. Prima di uscire in barca, in classe, studiano tutti gli animali che incontreranno sul Sile, Così sanno distinguere una folaga da una gallinella, un cormorano da uno svasso».

Si è persa nel tempo la passione per il Sile, a Treviso?

«Al contrario, credo sia aumentata. In epoca Covid era uno dei pochi sport che si potevano fare, non c’è contatto. Io vedo tanti ragazzi camminare in Lungosile Mattei e guardare con curiosità chi è in barca. Sei nel cuore pulsante della città, c’è la vita delle collettività, quella che si è persa nelle parrocchie. Un rito. Come la regata dei Babbi Natale, con 200 imbarcazioni. Una festa ambientale».

Cosa manca?

«L’atleta culto, il Sinner della situazione, ciò che erano gli Abbagnale. E da noi è passata Alessandra Patelli, che è andata due volte alle Olimpiadi. Bellissimo esempio: pur facendo uno sport impegnativo, ora è medico».

Si sente una maggiore attenzione all’ambiente?

«Più nei ragazzini che negli adulti. Chi trova una bottiglia di plastica non esita a recuperarla per poi conferirla nel bidone giusto. Serve grande rispetto per questo fiume e per l’ambiente in generale. I bimbi lo imparano al centro estivo o nelle uscite, e portano l’esperienza in casa. La pulizia del Sile, che facciamo di continuo, in questo senso è perfetta. La sensibilità ambientale è cambiata. C’è una comunità di presidio per il bene del Parco».

Il Sile è salute?

«Sì, ce lo certifica anche l’università di Padova, con analisi periodiche. Il tema resta l’abbandono dei rifiuti». Ma lei è molto conosciuto anche “sulla terraferma”. Perché? «Beh, ho lavorato 25 anni in un negozio di abbigliamento, forse il più in voga dell’epoca, ed ero il riferimento per i clienti, ero la prima persona che vedevano entrare e l'ultima all’uscita. E poi è questione di carattere: saluto tutti, parlo con tutti...».

Perché se n’è andato? Era un pesce nell’acqua…

«Ho scelto di rimettermi in gioco. Ho avuto due figlie, è stata la realizzazione di un sogno tornare in un luogo che conoscevo fin da bambino. A tutti piacerebbe far diventare la propria passione il proprio lavoro, nel posto che ti ha visto nascere e crescere. Ora sono istruttore e gestisco le attività commerciali».

Cioè ha applicato le attività di marketing imparate in 25 anni in negozio?

«L’ho reso commerciale. La gestione del personale, la fidelizzazione dei clienti, il perseguire gli obiettivi. Ho portato quella esperienza in un luogo che tutela l’ambiente. Un esempio? Faccio i video durante le uscite, i ragazzini si esaltano. E i team building aziendali sul dragon boat, scene epiche»

Che segreti vede nel Sile?

«Un senso di comunanza unico: ricordo un’uscita, passiamo davanti a una casa vicino a Villa Letizia e uno urla “Amico, potresti portarci da bere”. Tempo 10 minuti, tornando indietro, e a riva c’erano tre bottiglie di Prosecco. Tutti ormai mi conoscono, d’altronde il Sile è il mio ufficio. Mi chiedono di fermarmi per un caffè o di aiutarli con le potature».

Potature?

«Anni fa è caduto un platano dopo il ponte de fero. Con le barche abbiamo portato le motoseghe...».

La più curiosa? «Una volta sotto Ponte Ottavi abbiamo recuperato un sacchetto nero con dei vasetti chiusi, dentro c'erano dei cuori di gallina con uno spillo. Un rito voodoo».

Che altro nasconde?

«Elenco lunghissimo. Limitiamoci alla porcellana».

Il prossimo passo?

«Mi piacerebbe realizzare una spiaggetta, tra porta Calvi e ponte de fero, come in Francia: asciugamano, Sile e sole. E un lab dello sport; andare a prendere i ragazzi a scuola, il doposcuola alla Canottieri e poi tutti in barca. Siamo in controtendenza, nella società dello smartphone. Da noi il cellulare non esiste, si socializza. È la famiglia del Sile».

 


La scheda

 

Nicola Romano, istruttore e organizzatore di tutte le attività sul fiume della Canottieri Sile, è nato a Treviso nel 1972. Suo padre Francesco è stato una delle colonne della società sorta di fronte al Siamic, suo fratello Andrea ha vinto diversi titoli italiani di canottaggio. Ha lavorato per 25 anni dalle Sorelle Ramonda, noto negozio di abbigliamento, diventando il “frontman” dello store e apprendendo le tecniche del marketing. Poi la scelta di “tornare a casa”, nel 2019. Spostato con Francesca, ha due figlie, Maddalena e Camilla, come lui appassionate del Sile.

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