Da Treviso alla California, il “bad” Alessandro Bado: «La mia nuova vita negli Usa»
Alessandro Bado, fondatore di Broke, vende negli Usa con la sua nuova linea, Chopper Kings. «L’ultimo anno abbiamo fatturato un milione di dollari. Il caso the Family? Fui la prima vittima»

Il biker è uno dei tipi umani più cult degli Stati Uniti d’America, rappresentativo e tipico quanto potrebbe esserlo il boscaiolo in camicia e cappello da baseball o il broker di Wall Street. Trevigianità? Zero. E invece no. Nella grande evoluzione stilistica che ha portato i due motociclisti di Denis Hopper in sella fino ai giorni nostri c’è. La porta Alessandro Bado, “Bad Bado” per gli amici.
Oggi, con la sua griffe “Chopper Kings” cavalca una moto e l’onda di un nuovo stile dell’essere biker: più vicino allo skate che a benzina, pelle e baffoni. E lui, che anni fa fondò il marchio Broke – icona dei Novanta – col genere ha una discreta dimestichezza. Da dove parte la sua storia? Treviso. Dove prosegue? California, o meglio: la cima della California, Huntington Beach.
Bado, partiamo da Broke o dall’inizio di Chopper Kings?
«Beh, partiamo dal fatto che l’avventura americana è cominciata con due borsoni pieni di magliette e poco più di mille dollari. Tanto era quello che mi son portato appresso quando ho messo piede negli States».
Chopper Kings era già nata?
«Si, con Jacopo Dalla Torre avevamo iniziato a lanciare la griffe anche come produttrice di una serie di manubri per moto. Li realizzava lui, avevamo una nuova tecnica che ci permetteva di farli più curvi, con più stile, e funzionava. Poi è arrivata la birra, con cui abbiamo privato il primo approccio oltreoceano, Ho deciso di provare. All’avventura».
Due borsoni e...?
«E tanto coraggio, direi. Ho iniziato con un banchetto alla fiera dei biker: adesivi, magliette, toppe. Poi ho girato per fiere di settore, mi hanno invitato in alcuni garage a fare degli eventi e una volta a New York ho venduto mille dollari di capi in una serata. Mi sono detto: “piace”. Da lì Chopper Kings è diventato un marchio di settore, ma diverso, nuovo».
In che senso?
«Che nel mondo dei biker oggi c’è ancora il motociclista classico, pelle e stivaloni, ma c’è un intero mondo di biker più vicini al surf, allo street basket e allo skate che alla easy rider. È il “club Style” e quello faccio: calzettoni, cappellini, gillet, maglie, pantaloni larghi, giacche anche stile bomber».
Com’è stato farsi spazio?
«Non facile, il sistema americano dà tantissimo, ma ti mette davanti anche grandi rischi. Oggi che il marchio va, devo dire che ci sono parecchi che non sono contenti, tra la concorrenza. Ma insomma: è il mercato, e noi ci siamo entrati a testa bassa con una nuova proposta: cose diverse, che costano meno, ma che sono fatte bene. Produco in Asia, ma sto attento alla singola cucitura, il risultato deve essere perfetto e valido, altrimenti nulla. Ero maniacale con Broke, lo sono ancora con Chopper Kings. Solo così un abbigliamento vale, se non è robaccia».
Ecco Broke, o meglio “the Family”. La bancarotta, le indagini. Un marchio che aveva fatto scuola, crollato. Lei in tribunale. Poi le condanne. Quanto pesa? Quanto ti segna?
«Certo che pesa, perchè era un’avventura pazzesca con un potenziale grandissimo. Ma lì fu una mala gestio della società e una bella fregatura contabile di cui io sono stato la prima vittima. Su quel passato vado avanti a testa alta, non ho alcun timore di guardare in faccia nessuno perchè so quel che ho fatto. Come so anche di preferire tacere su certe cose. Non sono un infame. Io».
Paiono ancora messaggi in codice. A ogni modo, oggi non teme lo spettro di quanto successe?
«No, perchè Chopper Kings oggi sono io, mia moglie Hallie Kelsey ... Bado, (l’ho sposata anni fa, è una donna ingambissima) e due ragazzi, uno è trevigiano. Abbiamo un capannone-negozio frequentato da moto e motociclisti, poi giriamo. Tantissimo».
In moto?
«Seee, coi borsoni di roba? Adesso sono a Durango, dopo 15 ore di auto, e non è finita. Abbiamo fatto una pausa per mangiare qualcosa, stiamo andando a un evento per promuovere il marchio. La moto ce l’ho, in garage».
Un sogno?
Beh, in questo preciso momento potrei dire che mi piacerebbe un autista. (ride).
Sta rivivendo quando fatto con Broke?
«Di fatto si, con la stessa carica di quando andavo in Germania nei negozi con le maglie e i pantaloni per proporli in vendita. Ma oggi con la una testa diversa».
Sfida al mercato americano?
«No, no, adesso arriviamo anche in Europa. Pare incredibile che io, trevigiano, entri nel mercato europeo partendo dagli States ma è così. La Mecca della moto è la California, paradossalmente adesso conoscono il marchio trevigiano in Europa perchè è diventato famoso qui. Ben venga. Noi ci stiamo sopra».
La risposta dell’Europa? Qui non è proprio terra di bikers, la moto è più una dimensione stradale.
«Beh, cito Lione, pochi giorni fa, venduto tutto. Siamo piccoli ma stiamo facendo bei numeri».
Tipo?
«L’ultimo anno abbiamo fatturato un milione di dollari. Che non è proprio male per una azienda all’arrembaggio dei bikers nel pieno cuore degli Usa».
La scheda: chi è

Alessandro Bado, 57 anni, è nato a Treviso, nel quartiere di San Lazzato, ed oggi vive ad Huntington Beach con la moglie Hallie Kelsey, sposata nel maggio del 2017. Appassionato di musica e scene alternative fin da ragazzo (ha cantato con gli Istinti Animali ed ha collaborato al lancio del locale Magic Bus), dopo essere stato tra i fondatori e promotori del noto marchio “Broke”, che tra anni Novanta e inizio Duemila ha conquistato il mondo dell’hip hop, oggi ha fondato due società che lavorano nell’ambito dell’abbigliamento: Chopper Kings e Daddy-B.
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