Usl 2, a Treviso e provincia antiabortista oltre l’80% dei medici

Treviso. I dati della Cgil Pari opportunità a 40 anni dalla legge sull’Interruzione volontaria di gravidanza. «Libertà a rischio»

TREVISO. La legge sull'aborto compie 40 anni ma si festeggia a metà. Resta il nodo dell'obiezione di coscienza negli ospedali pubblici a discapito delle donne che scelgono di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).

La provincia di Treviso non ne esce indenne. «Negli ospedali dell'Usl 2 c'è una sensibile riduzione di Ivg, erano 971 nel 2015, si è scesi a 921 nel 2016 e a 833 nel 2017. Sospettiamo che la diminuzione sia dovuta al fatto che oltre l'80% dei ginecologi trevigiani è obiettore di coscienza. Resta da capire se la donna sia effettivamente tutelata dalla legge» sottolinea Sara Pasqualin, segretaria provinciale Cgil con delega alle Pari opportunità, che ieri ha organizzato un sit-in davanti al Ca' Foncello.

Dietro al calo di Ivg va però considerato anche un altro fattore: la liberalizzazione della pillola. Ogni giorno nel nostro Paese vengono vendute 660 pillole dei cinque giorni dopo (ellaOne), praticamente una ogni 2 minuti disponibili senza prescrizione medica per le maggiorenni, obbligatoria invece per le minorenni.

A 40 dalla legge 194 che disciplina l'aborto la criticità maggiore resta nella composizione degli organici ospedalieri, come dimostra un monitoraggio del 2017. All'ospedale di Castelfranco il 90% dei ginecologi è obiettore (su 10 professionisti solo 1 effettua l'Ivg), a Treviso l'85,7% (21 obiettori su 18), a Oderzo il 75% (su 8 ginecologi 6 non praticano l'Ivg).

«L'Usl 2 è in linea con il resto del Veneto, seconda regione dopo il Trentino Alto Adige per numero di medici antiabortisti, senza contare ostetriche e infermieri che sposano la stessa posizione. Questo si traduce in un clima ostile sia per le pazienti, sia per quei pochi professionisti che invece garantiscono l'accesso all'Ivg» sottolinea Pasqualin. Lo ha rilevato anche il Consiglio d'Europa che nel 2016 ha richiamato l’Italia sia per le difficoltà di applicazione della legge 194 sia per la «discriminazione» nei confronti del personale sanitario non obiettore.

«Nel 1978 l'Italia si è dotata di una legge degna di un paese civile. Le donne hanno combattuto per averla, oggi la si potrebbe migliorare visto che l'obiezione di coscienza ne rende difficoltosa l'attuazione in tante realtà» commenta la ginecologa Aura Fede. La Cgil punta ad aprire un confronto con l'Usl 2, tra le ipotesi sul tavolo l'idea di proporre all'azienda di fare dei concorsi per ginecologi non obiettori come avvenuto nel Lazio.

Resta invece un'incompiuta l'evoluzione culturale che avrebbe dovuto accompagnare l'applicazione normativa. A livello Veneto il 76,6% dei medici è obiettore, così come l'80% degli anestesisti e il 10% degli infermieri. Il personale sanitario rivendica il diritto di agire secondo scienza e coscienza, ma le piante organiche non sono adeguatamente bilanciate per attuare appieno la 194. «Non accade di rado che le donne si sentano additate per la loro scelta-conclude Pasqualin- per questo molte si rivolgono a strutture lontane dal luogo di residenza per effettuare l'intervento. C'è il timore del giudizio, la strada da fare sul piano culturale e organizzativo è ancora molta».

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