Treviso, nell’ex reparto Covid al Ca’ Foncello: il vuoto dopo i mesi della grande paura

TREVISO. Lì dove fino a tre settimane fa c’era il via vai continuo e affannato di medici, infermieri, malati, urgenze e paure oggi si sente l’eco dei passi e delle voci di chi attraversa i corridoi. Il reparto di Malattie Infettive del Ca’ Foncello di Treviso è stato per mesi l’epicentro dell’emergenza, con ottanta contagiati ricoverati, alcuni in condizioni critiche. Adesso un intero padiglione è vuoto, segno tangibile di una vittoria contro il virus, di un incubo sconfitto con tanta dedizione ma soprattutto organizzazione.
Non ci sono più i respiratori funzionanti a ciclo continuo, non c’è più il rumore dei monitor che controllavano le funzioni vitali dei pazienti, non ci sono più nemmeno quelli. Hanno lasciato stanze vuote, un silenzio che lascia ben sperare e premia chi, per settimane, non ha avuto né alba né sera nei turni di lavoro. Il reparto è tornato alla normalità, e quell’intero corridoio di stanze a ambulatori che per interminabili giorni di emergenza ha visto entrare e uscire medici e infermieri bardati dalla testa a piedi, nascosti dietro visiere e mascherine, si prepara ad un nuovo inizio. «Questi dovevano essere gli spazi dell’ospedale di comunità» spiega il primario Pier Giorgio Scotton, «erano pronti quand’è scoppiata l’emergenza e sono stati immediatamente convertiti per fare fronte alla mole di contagi. È grazie anche a questo, se oggi questa azienda sanitaria ha vinto una sfida difficile contro un nemico mai provato: l’organizzazione».
Prima non c’era un secondo libero né un gesto fatto a caso, oggi c’è la calma per ragionare al futuro e pianificare una strategia. «Qui oggi visitiamo i positivi in fase di guarigione, due visite a settimana secondo percorsi protetti e controllati. Quando nemmeno questi ci saranno più il padiglione verrà chiuso e predisposto per riattivarsi all’occorrenza» spiega Scotton. Sarà pronto per una “fase 2” del virus, ovvero un suo possibile ritorno, «avrà 12 posti di terapia intensiva dedicati al covid e stanze per possibili nuovi contagi». Al Ca’Foncello ora è tempo di guardare avanti, e come ha detto anche il direttore generale Francesco Benazzi «farci trovare pronti».. se e quando servirà.
«Abbiamo affrontato l’emergenza Sars, il timore dell’Ebola, ma solo con il Covid ci siamo messi davvero alla prova, ed è servito» continua Scotton, «le procedure, gli standard di sicurezza adottati qui come in tutto l’ospedale ci hanno permesso di arginare i contagi fermando quelli tra pazienti e tra operatori». Zero quelli nel suo reparto, ci tiene a sottolineare. E tutto nonostante un lavoro frenetico, continui nuovi casi da monitorare e curare, drammi a cui fare fronte. Una mole di fatica ed emozioni che alle volte sovrastava, sconfortava, «a cui era difficile stare dietro». Ma che ha dato risultati.
Le stanze oggi sono state tutte sanificare, i sistemi elettronici traslocati dove serviva, perfino alcuni letti riportati nei magazzini. Ci si muove per risistemare tutto in un silenzio surreale lì dove fino a poco tempo fa “correre” era l’imperativo. «Dobbiamo dire grazie a tutti quanti si sono dedicati anima e corpo in questa battaglia, ed ai medici – 14 più quelli arrivati da pediatria e cardiologia – che non hanno mollato». Il premio oggi, per tutti, è la pace che regna nel reparto, il ritorno dei sorrisi, i volti più distesi, e per qualcuno anche i primi giorni di permesso dopo un’immersione nel lavoro durata tre mesi.
Il sole che filtra dalle tendine delle stanze del reparto si riflette sui pavimenti lucidi, senza ostacoli, quando prima c’erano carrelli, camici, tute e protezioni da guerra batterologica. La sera, col sole basso, è un momento tutto da godere e fa venir davvero voglia di dire «ce la siamo lasciata alle spalle». Il virus si sarà indebolito da sè, certo, ma certo si è schiantato su argini che altri non hanno saputo erigere.
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