L’ex badessa dalla nuova villa: «A San Giacomo in clausura non si torna»
Suor Aline: «Non possiamo farlo dopo il trattamento che ci è stato riservato». Sull’accusa di aver spiato nel cellulare delle consorelle: «Niente di più falso»

«No, in clausura a San Giacomo non torneremo mai più. Non possiamo farlo dopo il trattamento che ci è stato riservato». Madre Aline Pereira, l’ex badessa del Monastero dell’Ordine Cistercense, è ferma, ma non arrabbiata. Sorride mentre entra nella villa ottocentesca di via Europa, a poche centinaia di metri dal centro di San Vendemiano.
Piove, ma con un pizzico di orgoglio mostra le rose rosse che crescono in giardino. L’impressione è che questa nuova sistemazione non sia improvvisata. Probabilmente le 7 monache che sono uscite dal convento ci stavano pensando già da tempo; da quando cioè i rapporti all’interno della comunità erano diventati tesi.
Madre Martha Driscol, la nuova badessa, ha cercato il contatto con alcune di loro. La Diocesi stessa si è messa a disposizione per una ricomposizione. «Non possiamo tornare indietro – riflette suor Aline –. Noi vogliamo adesso ritrovare la pace che così da lungo tempo cercavamo. E qui finalmente possiamo coltivarla, insieme alla preghiera, al lavoro. Ecco, chiediamo pace». Quindi? «Vorremmo rimanere lontane dai riflettori».
Domenica 25 maggio ci sarà l’ingresso in diocesi del nuovo vescovo, don Riccardo Battocchio. Aline e le altre religiose non sono in clausura, possono muoversi. «Ci dispiace, vorremmo esserci in cattedrale, dare anche noi il benvenuto a monsignor vescovo, ma sappiamo che se fossimo presenti, saremmo motivo di disturbo perché i giornalisti ci cercherebbero. Con il vescovo, pertanto, cercheremo un contatto nei giorni successivi».
Prevedibilmente saranno loro a salire in castello, la residenza vescovile, anche se avrebbero desiderio di poterlo ospitare a casa.
Una casa, anzi una villa che è metà di un pellegrinaggio ininterrotto di benefattori: chi porta dei mobili, chi alimenti, chi piantine di fiori, chi biancheria. Tutto è in ordine, tutto pulito, lucido, come appunto lo era il monastero. Manca solo il vigneto.
Sorride, alla constatazione, suor Aline. Sa della disponibilità dell’amica Sarah Dei Tos qualora desiderasse impiantare delle viti nel terreno disponibile, dietro casa. Ma per il momento ogni attenzione, ogni cura è per attrezzare la struttura ad una presenza di almeno una decina di posti letto. Quindi un bagno da solo non basta.
Ecco dunque che suor Aline spera in un «ulteriore miracolo di generosità»: che ci sia chi si fa avanti per implementare la casa di ulteriori servizi. «Noi ci crediamo alla Provvidenza. Non è vero che ci affidavamo al business, al mercato, come qualcuno ha detto. Abbiamo fatto il voto di povertà e questo rimane. Siamo sicure che la Provvidenza ci aiuterà come ha fatto fino ad oggi».
Non è mancata, in questi giorni, l’accusa di aver spiato nel cellulare delle consorelle.
Niente di più falso, secondo la ex badessa: «Il cellulare dove sono stati scoperti dei riscontri poco raccomandabili era quello del convento» precisa. Ma suor Aline non vuole speculare, così ribadisce. Anche se, a suo parere, le accuse per vendetta che le sono state rivolte erano del tutto immeritate, anzi per nulla veritiere. E sono accuse che a lei come alle altre religiose le sono costate, appunto, l’immediato allontanamento.
Le monache stanno allestendo una cappella interna. Sono certe di trovare un prete che si recherà a celebrare la messa. Ma sono pronte ad uscire, ad assistere alle liturgie anche nella chiesa parrocchiale. Il ritmo in villa, d’altra parte, è lo stesso del monastero.
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