Sant’Eustachio, se l’abbazia diventa cultura e gran turismo

Bella e MALEDETTA
“Fottiamci, fottiamci” , incitava l’ipotetica compagna di Pietro Aretino nei suoi Scritti Lussuriosi. Intanto Giovanni (nonché monsignor) Della Casa apriva il suo Galateo Ovvero De’ Costumi con un codino “Conciossiacosaché” . E Gaspara Stampa, parlando del suo “signor” dal suo poetar traeva invece un “Saturno diègli altezza d’intelletto; Giove il cercar le cose degne e belle; Marte appo lui fece ogn’altr’uomo imbelle; Febo gli empi di stile e senno il petto” . Così diversi. Eppure il tetto che avevano condiviso era uno, lo stesso. La strada che avevano salito, la strada dei frati come la chiamano qui, è la stessa che dal terrazzo affacciato sulla pianura vediamo inerpicarsi verso l’abbazia.
«In Francia ci avrebbero fatto sopra un romanzo», dicono quelli che parlano di storia a spanne. In realtà anche in Francia hanno i loro problemi. E chi sta lavorando alla riscoperta di questo luogo magico e maledetto sta facendo le cose alla perfezione, dal vino all’olio marcati e doc o dop, fino all’armamentario del merchandsing degno di qualcosa di altissimo livello. Neanche per il Colosseo è stata studiata una macchina tanto perfetta. E qui abbiamo intravvisto la struttura del futuro turistico delle Marca: storia, enogastronomia, mistero, cultura ad alto livello, nomi notissimi.
Il complesso, restituito – a parte il dente cariato della ex chiesa sconsacrata – ad antico splendore dalla munificenza di un ex migrante trevigiano dalla vista lunga, è solo parte di un compendio che è facile mettere tra i luoghi magici della Marca.
L’antica abbazia di Nervesa si erge, l’abbiamo già detto, come un faro sulla pianura trevigiana. Lassù, sul Montello, non fu difficile metterla nel mirino delle bombarde e dei cannoncini. Va detto, austriaci ma anche italiani, dopo la rotta di Caporetto. E quel che è rimasto sta ancora sotto i nostri occhi mentre percorriamo l’altra strada bianca, quella a Ovest, tra resti di nevicata, foglie cadute dai castagni e un piccolo e irto tappeto di pungitopo. Ci lasciamo alle spalle la country house (camere, piscina e ristorante) voluta da Ermenegildo Giusti, il munifico sponsor che qui ha investito 1,7 milioni di euro. Ci voleva questo uomo “fuggito da Selva in Canada a 16 anni, con un sogno in tasca e quattro attrezzi in mano per coltivare un disegno di riscatto” per dar concretezza progettuale a quello che per gli altri è sempre e solo stato un monte di chiacchiere sul futuro turistico della Marca e, nello specifico, del Montello. Siccome il modello vincente, in Italia, è quello toscano del Chiantishire, ecco che il restauro e la restituzione dell’abbazia transitano per l’invenzione di un’azienda vitivinicola che porta il suo nome, un nome che in Canada, dove Giusti vive, continua a essere quello di un imprenditore edile. Come ci spiega Marco Cadò, il responsabile di questo disegno, dopo un breve rodaggio è ora di fare sul serio anche per quanto riguarda le inziative che caratterizzeranno la stagione 2019 dell’abbazia di Sant’ Eustachio. E ciò che bolle nel pentolone dell’Abate e sarà pronto per la prossima stagione ha una varietà degna, insieme, di un luogo di incontro e di cultura, nonché di un presidio naturalistico e storico.
In attesa del corso di yoga che vedrà gli iscritti meditare sul corpus del convento, siccome c’è ancora il profumo del mancato cardinale delle buone maniere, si ripeterà il corso di galateo condotto dall’esperta in cerimoniali Giuliana Meneghetti, ex addetta alle cerimonie dell’ente Provincia. Ma, in omaggio alla nuova vocazione enogastronomica e siccome anche la pancia dei frati conta, ed ecco un corso sui formaggi e salumi del Veneto condotto dall’accademico del formaggio nonché giornalista e sommelier Fabio Guerra. E siccome l’abbazia è anche marchio vitivinicolo, diventerà è anche “aula” di un corso di sommelier.
L’arena naturale della chiesa si presta a diventare platea? Ecco arrivare il cinema all’aperto (6 appuntamenti con proiezione di film inerenti alla storia o in qualche modo collegati all’ambiente dell’abbazia, incluso “Il nome della rosa” e altri incontri dedicati al teatro, con la recita dell’Inferno dantesco passeggiando tra le rovine dell’Abbazia. Sempre nel palcoscenico naturale che sovrasta la pianura, c’è posto anche per la musica, con aperitivi musicali con dj set o gruppi che suonano dal vivo (ogni ultimo venerdì del mese in giugno, luglio e agosto), concerti di gruppi locali e non. Spazio pure per spettacoli vari: arriva Sgarbi con il suo “Raffaello”, quindi mostre fotografiche e di pittura. Nei programmi c’è pure l’allestimento di un orto botanico da parte dei cappuccini del convento Sant Anna di Asolo (21-22 marzo all’interno del chiostro dell’Abbazia). Se vi venisse ancora voglia di mugugnare sul “rudere”, eccovi serviti: c’è più vita quassù... –
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