Pistole e fucili «a nolo» per la malavita veneta

Il gestore di un’armeria di San Zenone degli Ezzelini, Denis Pellizzari, 42 anni, è uno dei quattro indagati finiti all’alba di ieri in carcere su ordine di custodia cautelare per estorsione, porto abusivo di armi da fuoco e di munizionamento. Fatale gli è stata l’amicizia con un volto molto noto alle forze dell’ordine, Piergiorgio Canova, 56 anni di Padova, con alle spalle precedenti di polizia per droga, il perno di un sodalizio che grazie alle armi fornite clandestinamente da Pellizzari, metteva a segno estorsioni. In carcere sono finiti anche altri due volti noti alle forze dell’ordine padovane Nicola Giglio, 70 anni, originario del Casertano, e l’albanese Ervis Rachipi, 39 anni, l’unico del quartetto che all’alba di ieri si trovava già in carcere. Nella stessa inchiesta risultano indagati a piede libero altri tre padovani ed un veneziano.
L’operazione, messa a segno dai carabinieri del nucleo investigativo di Treviso, coordinati dal tenente colonnello Giovanni Mura, ha permesso di scoprire che tra le persone taglieggiate c’era anche un impresario edile castellano, sparito dalla circolazione dopo essere stato minacciato di morte. L’artigiano di punto in bianco aveva lasciato la sua casa e la sua compagna per andare a vivere di nascosto da un amico, liberandosi addirittura del cellulare per non essere rintracciato: tanta era la paura di essere ucciso.
L’indagine che ha portato all’arresto dell’anomalo quartetto è partita da un omicidio avvenuto il 9 gennaio 2018 in centro storico a Venezia quando un cinquantenne di Chioggia di origini campane, Ciro Esposito, ammazzò a colpi di pistola il giudecchino Ivano Gritti. La pistola usata da Esposito in quel delitto aveva la matricola abrasa. Ma le indagini di laboratorio dei carabinieri del Ris di Parma stabilirono che quella pistola semiautomatica, una calibro 9x21, proveniva dall’armeria Sport Gun2 di San Zenone, gestita da Pellizzari, in passato arrestato un’altra volta per delle irregolarità riscontrate nella sua armeria. È a quel punto che l’indagine viene presa in mano dai carabinieri del nucleo investigativo di Treviso. Per molti giorni, supportati dai militari della stazione di Onè di Fonte, i carabinieri passano al setaccio i registri dell’armeria scoprendo che 18 armi (13 pistole e 5 fucili di precisione) mancano all’appello su un totale di 120 pezzi. Quelle armi, secondo l’accusa, tra il 2015 ed ilo 2018, sarebbero state cedute clandestinamente ad esponenti della malavita padovana e della vecchia Mala del Brenta veneziana per mettere a segno omicidi, rapine ed estorsioni. A riprova del ruolo equivoco dell’armeria di San Zenone, secondo quanto è emerso dalle indagini, nel marzo scorso i carabinieri hanno sequestrato a due pregiudicati padovani una pistola trovata in loro possesso e appartenente all’esercizio gestito da Pellizzari, noto a San Zenone per aver ricoperto il ruolo di assessore alla sicurezza.
Nel quartetto, l’unico ad avere un ruolo più autonomo era l’albanese, Rachipi, arrestato nell’ottobre dell’anno scorso perché sospettato di aver sparato contro la vetrata di un ristorante etnico di Padova.
Canova, invece, avrebbe per mesi taglieggiato l’impresario castellano, con l’aiuto di Giglio. Nei prossimi giorni sono previsti gli interrogatori di garanzia dei 4 indagati finiti in carcere. —
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