Muore nel camion schiacciato sul ponte

TREVIGNANO. Un destino crudele: nel 2001 aveva avuto un gravissimo infortunio sul lavoro a Mestrino, quell'infortunio, in cui aveva perso la vita il suo collega di lavoro. Ieri, verso mezzogiorno, il destino lo ha atteso sotto un cavalcavia in via Guizza lungo la tangenziale di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. Simone Peraro, 38 anni, residente in via Risorgimento a Signoressa, ha perso la vita rimanendo schiacciato nella cabina del camion, che si è schiantato contro il fondo del cavalcavia, dopo che il braccio della gru aveva sbattuto contro l’arcata del ponte, trasformandosi in una gigantesca leva. L’impatto è stato tremendo e per il conducente, Simone Peraro, non c’è stato stato scampo, schiacciato all’interno della cabina del mezzo.
In seguito al tragico incidente la tangenziale di Castelfranco Emilia è stata riaperta solo dopo diverse ore, mentre a causa dei danni riportati è rimasto chiuso al traffico il cavalcavia. La dinamica dell’incidente mortale ha dell’incredibile: ieri mattina Simone Peraro era appena partito con il pesante mezzo da un’azienda, che ha sede a poche centinaia di metri dal luogo dell’incidente. Un compito praticamente di routine per il camionista di Signoressa: recuperare una piattaforma aerea della ditta per cui lavora da una decina d’anni, la Sartor Montaggi di Montebelluna, usata in questi giorni per la costruzione di un capannone in via della Meccanica, alla Graziosa di San Cesario. Una volta caricata la piattaforma, l’avrebbe dovuta trasportare in un altro cantiere, sempre nella zona di San Cesario. Un viaggio di pochissimi chilometri, che non aveva nulla di straordinario. L’uomo carica la piattaforma sul pianale del camion e per ancorarla usa il braccio meccanico che è posto nel retro cabina, appoggiandolo sul carico. A questo punto si mette tranquillamente al volante. Due curve ed è sulla tangenziale di Castelfranco Emilia; duecento metri dopo si imbatte nel cavalcavia di via Viazza. La gru del camion però è troppo alta, così va a sbattere contro l’arcata del manufatto. Un colpo violento che mette in moto un tragico gioco di forze, con l’avantreno del mezzo che si alza dal suolo fino a sbattere con la cabina contro il fondo del cavalcavia, e ripiombare infine al suolo. Solo per un puro caso in quel momento non stava passando sotto al cavalcavia nessun altro, in caso contrario le conseguenze sarebbero state ben peggiori. Per Simone l’intervento dell’ambulanza, partita da Vignola, e dell’elisoccorso è stato inutile: la morte è arrivata sul colpo. Nei momenti immediatamente successivi all’incidente il cellulare del camionista suona più volte: è il titolare dell’azienda di Montebelluna che lo cerca, preoccupato perché ormai da troppo tempo non ha notizie del dipendente, fino a scoprire della sua morte. A casa Peraro neppure sapevano che era in Emilia. Era partito al mattino per andare a lavorare nella sede di Zero Branco, poi era stato mandato nel centro del Modenese per spostare la piattaforma, ma non aveva avvertito a casa. Simone Peraro abitava in una casetta a schiera di via Risorgimento, con la compagna Gessica Fedato e le figlie Alessia di 9 anni e Veronica di 4. Alle due bambine non è stato ancora detto che il padre non c'è più. Sanno solo che ha avuto un incidente e le hanno mandate dalla nonna. Le bimbe erano legatissime al papà, che per loro stravedeva.
Un destino crudele quello che ha colpito Simone Peraro, già scampato ad un fine precoce, sempre in ambito professionale. Infatti, nel dicembre del 2001 aveva avuto un grave infortunio sul lavoro: era precipitato dal tetto di un capannone a Mestrino. Insieme con lui c’era il collega e amico Riccardo Fedato. Riccardo, il fratello di Gessica, era deceduto, mentre Simone aveva riportato gravi lesioni e si era ripreso dopo un anno. Era originario di Scandolara, lì vivono i suoi familiari e la sorella. Proprio martedì era tornato in paese per il funerale dello zio, deceduto dopo due mesi di malattia. A Signoressa Peraro era arrivato nel 2004, da Zero Branco, e abitava in via Risorgimento, in una bella casetta a schiera il cui prato aveva riempito di giochi per le due figlie che adorava.
Enzo Favero
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