Miane, chiude il rifugio Posa Puner

di Glauco Zuan
MIANE
Tra giovedì 5 e sabato 7 gennaio ospiterà il Panevin più alto della Marca, poi, per la prima volta dal 2007 ad oggi, il rifugio Posa Puner chiuderà nei mesi invernali. Questa la decisione del gestore Giacomo Pierdonà, in aperta polemica con le istituzioni locali, con la giunta Muraro in particolare. «La Provincia ci ha abbandonato al nostro destino», attacca il giovane ristoratore, da cinque anni titolare dell’unico rifugio alpino trevigiano, dall’alto dei suoi 1.350 metri. Sotto accusa le pessime condizioni della strada Madean-Budui tra il 2010 e l’estate del 2011 che hanno provocato un crollo degli introiti del 30-40% rispetto al 2009. I circa 11 chilometri che da Combai salgano verso la montagna di Miane, sistemati definitivamente solo da pochi mesi, erano stati ulteriormente colpiti dagli eventi alluvionali dello scorso anno. «Sono amareggiato, perché ho creduto e tuttora credo nelle potenzialità turistiche di questo territorio – continua Pierdonà – Ma ora dico basta, perché i costi per l’apertura invernale non sono più sostenibili. E un rifugio, a differenza delle malghe o degli agriturismo, non gode né di contributi comunitari, né di agevolazioni fiscali». Un brutto colpo per centinaia di appassionati invernali degli avvallamenti tra monte Cimon (1.438 metri) e monte Crep (1.349 metri). Il rifugio Posa Puner, a metà strada tra malga Budui e malga Mont, in pochi anni era diventato un punto di riferimento insostituibile per lo sci da fondo e lo sci alpinismo, ma anche per gli amanti delle camminate con le ciaspole e del nordic walking. «La mia ambizione era di creare un comprensorio montano che unisse Valdobbiadene, Miane e Follina da una parte e Mel e Lentiai dall’altra – spiega Pierdonà – Non critico il piccolo Comune di Miane, che ha investito, ma non può sobbarcarsi un progetto comprensoriale. Critico la politica provinciale e regionale. La Provincia ha dimostrato di non credere nella sua montagna, tagliando anche giornate come “Malghe aperte”. E non oso pensare come sarebbe ridotta l’area senza gli sforzi dei privati».
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