La 3B di Salgareda lascia a casa 40 interinali

Quaranta interinali rimangono a casa alla scadenza del contratto, mentre chi rimane è costretto a straordinari che, in alcuni casi, portano la settimana lavorativa a 48 ore e oltre

SALGAREDA. Quaranta interinali rimangono a casa alla scadenza del contratto, mentre chi rimane è costretto a straordinari che, in alcuni casi, portano la settimana lavorativa a 48 ore e oltre. E i sindacati insorgono. Succede alla 3B Spa di Salgareda, per la quale Filca Cisl pochi giorni fa ha richiesto l’intervento dell’Ispettorato del Lavoro: l’esempio concreto di quanto denunciato da Cinzia Bonan in merito agli opposti del mondo dell’impresa, dove c’è chi non lavora, oppure chi lavora troppo.

«Per i circa 40 rapporti di lavoro interinali avevamo chiesto di organizzare, per tutti i reparti interessati, dei cicli di lavoro a 36 ore settimanali, per mantenere i livelli occupazionali», scrive Mauro Visentin, Filca Cisl, nella denuncia all’Ispettorato, «la risposta aziendale è stata che questa soluzione costa troppo, e che non intende adeguare l’organizzazione dell’orario di lavoro a queste disposizioni. Così assistiamo a prestazioni di orario eccedenti il normale orario di lavoro previsto, in molti reparti superando anche le 48 ore settimanali». Alla protesta di Cisl si è aggiunta Fillea Cgil: le trattative con l’azienda proseguono serrate in questi giorni. Le forze sociali lamentano anche la mancanza di calendarizzazione di turni di riposo compensativi e «la totale indisponibilità alla soluzione delle infrazioni alle norme», nei prossimi giorni la protesta potrebbe sfociare in qualche manifestazione pubblica. Il problema è sempre lo stesso: al momento l’arrivo di nuovi ordini consente turni di lavoro “allargati”, ma non di assumere persone in più che potrebbero rivelarsi inutili nel prossimo futuro, nel caso non arrivassero altre commesse importanti.

Al momento non sono molti, denuncia Cisl, gli strumenti per prevenire situazioni simili. Di fatto esistono solo i contratti di solidarietà, che però si applicano solo in caso di crisi aziendale. Di recente è successo, e ha portato a buoni risultati, alla Selenis, azienda tessile di Loria. Un’impresa di tipo familiare, con circa 25 lavoratrici impiegate, che dal 2011 al 2015 ha sofferto la durissima crisi del settore. «L’applicazione dei contratti di solidarietà in questo caso ha mantenuto i livelli occupazionali», spiega Cinzia Bonan, «questa misura riduce gli orari di lavoro di ogni dipendente coinvolto permettendo all’azienda di non dover rinunciare a qualcuno». I contratti di solidarietà si sono utilizzati durante il periodo in cui il portafoglio ordini si stava assottigliando, con il recupero dei volumi pre-crisi, circa un anno fa, si è tornati al normale orario di lavoro. Oggi, anzi, la Selenis potrebbe finalizzare nuove assunzioni.

Argomenti:lavoro

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso