False fatture milionarie, condannati i Velo

Altivole
Era stato un blitz clamoroso, quasi sette anni fa: lei e l’ex marito agli arresti domiciliari per un giro milionario di fatture false ed evasione fiscale, l’anziano padre denunciato. Nell’occhio del ciclone giudiziario era finita la Velo di Altivole, piccola multinazionale dei macchinari per l’industria del vino e della birra. Ora arriva la sentenza finale dopo il lungo iter processuale: Loretta Velo, 44 anni, e il padre Antonio, 81, sono stati condannati in via definitiva a un anno e sei mesi di reclusione ciascuno, pena sospesa per entrambi. Lo ha stabilito la Cassazione, rigettando il ricorso contro la condanna in appello – inflitta a maggio dello scorso anno – e confermando la confisca dei beni per un importo complessivo di quasi 852 mila euro.
Antonio Velo era finito a processo in qualità di presidente del consiglio di amministrazione di Velo Spa, mentre la figlia Loretta era componente del consiglio di amministrazione stesso. Il pubblico ministero, a indagini concluse, li aveva accusati di aver architettato un sistema di fatture fasulle e cartiere attraverso cui sarebbero riusciti a evadere imposte sui redditi e valore aggiunto per centinaia di migliaia di euro, nel triennio 2009/2011. Nello specifico si tratta di tredici fatture, per un importo totale di poco più di quattro milioni di euro, e oltre 850 mila euro di evasione.
Dopo quattro anni di indagine e processo di primo grado, l’11 marzo del 2016 il giudice del tribunale di Treviso aveva condannato Antonio e Loretta Velo a un anno e otto mesi di reclusione ciascuno, con la confisca di beni a coprire l’evasione fiscale (quasi 852 mila euro). I due imprenditori, padre e figlia, hanno presentato ricorso in appello: la sentenza dei giudici veneziani è arrivata l’8 maggio del 2017, confermando l’impianto accusatorio e riducendo di poco la condanna, passata da un anno e otto mesi a un anno e sei mesi ciascuno. Confermata anche la confisca dei beni. Ora l’ultimo passo: anche la Cassazione ha messo il proprio timbro, quello definitivo, respingendo il ricorso dei Velo.
Nella sentenza che arriva da Roma si leggono parole pesanti e inequivocabili, a descrivere un «patologico contesto di illegalità in cui la società operava», con dati di bilancio falsificati e magazzini sovrastimati oltre al giro di fatture false. Spunta un particolare ulteriore: il commercialista dell’azienda si era accorto delle fatture per operazioni inesistenti e ne aveva parlato con i Velo, i quali hanno deciso «di continuarne il pagamento». Secondo la difesa dei Velo, scopo del giro fasullo non era l’evasione, bensì «abbellire il bilancio della società al fine di non perdere l’accesso al credito bancario».
Ma i problemi per i Velo non finiscono qui. Padre e figlia infatti sono a processo a Rovigo con l’accusa di tentata rapina e furto ai danni di Patrizia Rossini, madre di Marco, ex compagno di Loretta. Un torbido intrigo familiare: i Velo sono considerati dall’accusa i mandanti di quattro tentativi di rapina nella casa di Patrizia Rossini. I due imprenditori, per realizzare i colpi, si sarebbero rivolti ad alcune persone coinvolte in indagini sulla nuova “Mala del Brenta”. Era stato proprio Marco Rossini (che per le vicende della Velo è stato condannato con rito abbreviato a tre anni e quattro mesi per frode fiscale, bancarotta e truffa) a denunciare i Velo come mandanti delle tentate rapine. –
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso