Faldini morto sullo yacht a Montecarlo

Morto in uno yacht ormeggiato a Montecarlo. Il finanziere trevigiano Paolo Faldini, cinquant’anni, è stato trovato senza vita il primo gennaio dalla polizia monegasca. A dare l’allarme era stata la moglie, che non lo aveva visto rientrare a casa. Faldini viveva nel Principato da una quindicina d’anni con la moglie e le due figlie. Ancora incerte le cause della morte: non ci sono segni di violenza. Potrebbe essersi trattato di un malore fatale, ma saranno le indagini della polizia a fare definitivamente chiarezza.
Economia e motori, queste le due passioni di Faldini. Partito da Treviso, affermatosi sulla piazza d’investimenti milanese, il consulente e imprenditore aveva spiccato definitivamente il volo nella grande finanza a Montecarlo, e lì aveva deciso di trasferirsi. La tragica notizia è arrivata nel giro di poche ore al fratello e all’anziana madre che vivono a Treviso. I funerali si terranno a Montecarlo nei prossimi giorni.
«Quella che le persone normali chiamano semplicemente fortuna, in realtà non è altro che un’estrema attenzione ai dettagli»: con questa frase, sorta di manifesto del fiuto dell’uomo d’affari, Faldini aveva presentato il lancio di un suo fondo d’investimenti dedicato ai motori e ai resort di lusso per appassionati di velocità. «Investire un milione senza pentirsene: quando un hobby dispendioso può trasformarsi in un profitto», recitava il lancio del fondo del suo “Princes gate group”. La cornice: manco a dirlo, il Gran Premio di Formula 1 di Montecarlo. Un modo ideale per far convivere le sue due più grandi passioni. Faldini era molto conosciuto per la sua abilità al volante, oltre che per quella negli affari: con la sua Porsche 911 numero 8, alla fine dello scorso anno aveva partecipato al rally “East African Safari Classic”. Avrebbe dovuto partecipare anche alla prossima edizione. Suo anche un ambizioso progetto nell’ambito delle corse: aveva organizzato un circuito di gare per auto sportive classiche.
La carriera finanziaria di Faldini nasce a Milano alla Sige, la merchant bank dell’Imi, Istituto Mobiliare Italiano. Successivamente, il finanziere trevigiano lavora per Banca Popolare di Novara e “La Compagnie Gestion”: un’esperienza ventennale prima di dedicarsi a un fondo d’investimenti suo. Da lì il salto a Monaco, a metà degli anni Novanta. Ha anche ricevuto significativi riconoscimenti, tra i quali l’“Annual hedge fund industry award”. Chi lo ha conosciuto da vicino lo definisce «persona brillante, di carattere forte e personalità spiccata, molto noto e apprezzato nell’ambito monegasco dove poteva contare su vere amicizie che non hanno mancato di manifestare alla famiglia la loro affranta partecipazione all’improvvisa scomparsa». La famiglia lo vuole ricordare «soprattutto per il suo tratto forte, l’impeccabile distinzione e la continua presenza».
Il nome di Faldini era stato anche accostato agli affari di Gianpiero Fiorani, il banchiere della vicenda Antonveneta: in una management company radicata alle Isole Vergini, e allora legata a Faldini e a un socio italo-svizzero, sarebbero stati collocati quasi 200 milioni di fondi d’investimento provenienti dalla Popolare di Lodi. Un’attività lecita dalla quale il nome di Faldini era uscito senza ombre.
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