Due campanili per un solo parroco

Meno vocazioni, 14 chiese della diocesi unite. Molti anche i servizi condivisi
Il duomo di Treviso
Il duomo di Treviso

Un solo parroco per due campanili. Due chiese nelle mani di un unico sacerdote. La chiesa trevigiana corre ai ripari di fronte a un dato di fatto: il numero dei sacerdoti sta diminuendo. Ecco che pur di garantire a ogni chiesa un pastore, la diocesi di Treviso ha iniziato a percorrere la strada che porta all’unione di due parrocchie sotto la gestione di un unico prete. Prima di Natale a Sant’Antonino si è insediato il nuovo parroco, don Roberto Maccatrozzo, fino all’altro ieri soltanto parroco di Casier. Non è che l’ultimo tassello di una serie di accorpamenti che negli ultimi anni hanno mosso i primi passi in alcune parrocchie. A partire dal centro città fino alla prima periferia.

Crisi e calo di fiducia «Crollano i matrimoni»

Ad oggi qui sono 14 le parrocchie che hanno detto sì a un solo parroco per due. Partendo dal centro storico è di casa un unico parroco nelle parrocchie del Duomo e San Martino Urbano. Così pure nelle chiese di Santa Maria Maddalena e Sant’Andrea in riva. Ancora un sacerdote per Santa Maria del Rovere e San Pio X, Santa Bona e Immacolata, San Paolo e San Liberale, Santa Maria del Sile e Sant’Angelo. Tuttavia nella mappa delle 265 parrocchie della diocesi trevigiana (comprese tra le province di Treviso, Venezia e Padova), i casi del “matrimonio” tra due chiese “vicine di casa” sembrano essere più l’eccezione che la regola. E, soprattutto, per Sant’Antonino si è trattato di un legame con la parrocchia di un altro comune. Ma, dal punto di vista della chiesa, la diocesi è una, non esistono confini comunali: «Le unioni sono una risposta alla diminuzione del numero dei sacerdoti», spiega monsignor Giuliano Brugnotto, cancelliere vescovile, «dettata dalla necessità di garantire un parroco a ciascuna parrocchia». E non potendo i parroci essere contemporaneamente sotto il tetto di due campanili non resta che mettere mano all’agenda parrocchiale: «In questi casi la parrocchia deve riorganizzare la presenza del sacerdote in maniera diversa», puntualizza monsignor Brugnotto, «Così pure gli orari delle messe. Si uniscono invece gli organismi pastorali».

Dal 2012 le parrocchie della diocesi trevigiana cercano in tutto e per tutto di unire le forze attraverso la pratica delle collaborazioni pastorali: «Si tratta di una forma stabile di collaborazione tra parrocchie, chiamate a vivere un cammino condiviso», è spiegato nella pagina web della diocesi di Treviso. Il metodo ricorda la strada percorsa dall’Unione dei comuni, dove i servizi ai cittadini vengono sottratti alla titolarità diretta della singola amministrazione. Sono ben 121 le parrocchie coinvolte, il 45%. E, tirate le somme, si contano ad oggi 24 collaborazioni pastorali: «In questo caso non c’è l’unione di un parroco per due parrocchie», puntualizza il cancelliere vescovile. «Ognuna mantiene la propria identità. C’è piuttosto l’impegno a superare l’autoreferenzialità di ciascuna parrocchia e condividere la strada di una pastorale comune dove i laici hanno un ruolo centrale». Insieme tre, quattro, al massimo otto parrocchie

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