Atalmi e Barbiero, gli eretici della Cgil

Il sindacato è per l’astensione, ma i due big si smarcano. Cisl: libertà di voto, ma Bonan è per un Sì condizionato
PELLICANI MESTRE 28/01/08 P.zza Ferretto sciopero generale comizio Bruno Zacchei UIL © Bertolin M.
PELLICANI MESTRE 28/01/08 P.zza Ferretto sciopero generale comizio Bruno Zacchei UIL © Bertolin M.
TREVISO. Il referendum autonomista divide la Cgil, che pure anche ieri ha ribadito la sua posizione ufficiale per il ma vede molti big prendere posizione per un Sì, anche forte e chiaro. E ancora, induce la Cisl a lanciare libertà di voto ai propri iscritti, ma assumere infine una linea orientata al Sì, pur con forti vincoli e condizioni. E la Uil? «Siamo al 100% per l’autonomia, ma allo stesso modo contestiamo al 100% la strada del referendum, spreco di denaro pubblico».


Nella Cgil hanno destato sorpresa i chiarissimi endorsement per il Sì di Nicola Atalmi, ora segretario dei lavoratori della comunicazione, e di Paolino Barbiero, già segretario generale e ora alla guida dei pensionati dello Spi. «Sono per il Sì perché sono di sinistra, sono contro Zaia e la Lega da sempre, ma sono da sempre per il federalismo, per decentrare i livelli di decisione, e per andare a votare, base della democrazia», ha spiegato Atalmi in rete, «né mi faccio convincere da chi non vota per i costi del voto: non si risparmia un euro».


Barbiero rivendica di «essersi sempre battuto per il federalismo», e dunque di «votare oggi Sì in piena coerenza». Voti eretici? Comunque le spie di un filone federalista di sinistra, prima che autonomista, che si è rafforzato con le battaglie su fisco e tributi. Non segnali di leghismo rosso - ormai connotazione storica di certa sinistra nella Marca – visto quello che dichiara subito Atalmi. L’impressione è che non avranno molto seguito nell’apparato – sostanzialmente compatto sulla linea dell’astensione, e nemmeno nella pancia dove anzi in molti potrebbero andare alle urne e votare No. Chi resta a casa è Giacomo Vendrame, numero uno della Cgil trevigiana. «Mi godrò il Veneto, domenica», spiega, «io penso al 23, più del 22: domanda retorica, nessun vero percorso di elaborazione di un federalismo veneto, magari unitario. E intanto il referendum da federalista, è diventato politico ed elettorale. No, così non va bene».


Molto più compatta la Cisl, almeno nella Marca. Nessuno si è smarcato da una linea dei vertici per un Sì. E lo ribadisce Cinzia Bonan, segretaria interprovinciale Treviso-Belluno dal marzo di quest’anno.


«Nessuno spazio a desideri illusori di indipendentismi che non stanno nella nostra Costituzione», premette subito, «questo referendum era partito in un modo, è finito in un altro, con una generica richiesta di autonomia. E chi non può essere d’accordo, per assicurare passi più lunghi la territorio? Ma questo non vuole dire che poi si deve parlare di zavorre per chi non corre come noi, il sindacato è nato storicamente per aiutare chi sta indietro. E allora Sì, ma solo se poi, dopo il referendum, questo diventa l’impegno, per le forze politiche ed economiche a dare segni concreti dei loro desiderata». Concretamente cosa vuol dire? «Maggiore velocità al sistema economico e produttivo, prima di ogni cosa», puntualizza Bonan, «quello che non abbiamo riscontrato negli ultimi tempi, dal Mose alle banche dalla Pedemontana alla scuola di formazione professionale: per quello diciamo autonomia e responsabilità».


Infine la Uil. Il coordinatore di Treviso e Belluno, Brunero Zacchei, è molto chiaro: «Per noi era prioritario avviare una trattativa con il governo, procedura che avrebbe fatto risparmiare una somma di 14 milioni di euro» spiega, «pensiamo solo a cosa avrebbe voluto dire investire quei soldi nell’istruzione, nell’edilizia abitativa, nelle politiche del lavoro, ma per dire anche solo sarebbero 650 assegni di ricerca. E attenzione, la domanda del referendum è così generica che ci chiediamo: l’autonomia deve produrre decisioni come quella dei vaccini? Allora è meglio di no».


Il referendum veneto non piace troppo ai sindacati. E molto di più agli imprenditori (Luciano Benetton a parte). Ma è evidente che percorso, modalità, schieramenti hanno preso in contropiede le organizzazioni di lavoratori e pensionati. Soprattutto la Cgil.


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