Asparagi, boom di mercato «Raddoppiamo l’area Igp»

CIMADOLMO
«Il mercato ci chiede di raddoppiare l’estensione della zona Igp». Non ha dubbi Flavio Peterle, presidente del consorzio di tutela dell’asparago bianco di Cimadolmo. A fronte dei cento quintali di prodotto arrivati nei ristoranti e nei mercati con il bollino Igp (indicazione geografica protetta) e dei 200 quintali venduti senza il bollino per qualche difetto che fa uscire il prodotto dal disciplinare, l’asparago di Cimadolmo avrebbe bisogno del doppio dello spazio coltivabile per soddisfare tutte le richieste di un mercato che apprezza sempre più la gemma del Piave: «Quest’anno la stagione è arrivata con un paio di settimane d’anticipo e non temiamo il virus, almeno per ora: il prodotto che andava ai ristoranti ora semplicemente andrà ai coltivatori, che lo potranno vendere direttamente», dice Peterle.
Le certezze
La produzione Igp è stabile dal 2018, quando si produssero 100 quintali di prodotto: queste sono le stime confermate dal consorzio anche per il 2020, un anno ancora pieno di incertezze a causa delle limitazioni imposte per contenere il contagio. In mezzo a mille dubbi, c’è una certezza: «Il mercato ci chiederebbe di raddoppiare il prodotto da mettere a disposizione, ma è molto difficile per la presenza della vite», fa notare il presidente del consorzio. La coltivazione della Igp avviene in un territorio dove la Doc Prosecco è estremamente presente: l’asparago bianco si trova a Cimadolmo, Breda, Fontanelle, Mareno, Maserada, Oderzo, Ormelle, Ponte, San Polo, Santa Lucia e Vazzola. Quando il coronavirus era ancora solo un “virus cinese” e non una pandemia, alcuni ristoratori hanno chiamato il centralino del consorzio Igp per chiedere del prodotto che era impossibile procurare: «Ne abbiamo poco, tanto che la grandissima parte resta dentro la Marca e solo pochissimo esce dal Veneto, nonostante sia richiesto» .
Serre e Prosecco
Ampliare la produzione non sarebbe impossibile, ma sarebbe necessario utilizzare le serre. Un tentativo in questo senso era stato portato avanti negli anni scorsi, ma nei fatti è stato abbandonato: «C’avevo creduto anch’io, ma l’alto costo iniziale dell’investimento e l’età media degli agricoltori hanno di molto rallentato la diffusione delle serre», afferma Peterle. Eppure l’asparago di Cimadolmo è un prodotto redditizio, quasi ai livelli del Prosecco. Ogni ettaro coltivato può rendere fino a 50 quintali di prodotto, e ogni chilo di asparagi Igp (e quindi di calibro compreso fra i 15 e i 24 millimetri) può essere facilmente venduto a cinque euro: «La differenza la fanno le diverse tipologie di lavorazione di cui hanno bisogno asparago e vite. Se il Prosecco richiede un lavoro che si può portare avanti parecchio con le macchine, l’asparago ha bisogno di un lavoro quasi solo manuale. È per questo che produrre l’asparago bianco di Cimadolmo costa di più del Prosecco». Sono i giovani che possono assicurare un futuro a una coltivazione antica, nota già agli Egizi e ai Romani. Arrivato in Veneto prima del 1679, quando si incontrano le prime testimonianze scritte del prodotto nel territorio, il suo successo non è mai tramontato nel corso degli anni. Tanto che ora ha bisogno di “erodere” terreno al Prosecco, dopo essere stato apprezzato nelle cucine in ogni parte del mondo. —
Niccolò Budoia
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