Zatta: «Ora comincia la sfida più dura»

Il presidente festeggia i vent’anni alla guida del Benetton Rugby. Momenti d’oro e rimpianti per le ultime stagioni 
Prandi 07/06/08 Monza Finale Super 10, Presidente Amerino Zatta del Benetton rugby, foto Rogers.
Prandi 07/06/08 Monza Finale Super 10, Presidente Amerino Zatta del Benetton rugby, foto Rogers.
TREVISO. Vent’anni alla guida del Benetton rugby. Il 7 luglio 1997 Amerino Zatta, consigliere dall’85 e vicepresidente dal ’89, succedeva ad Arrigo Manavello alla presidenza dell’As Treviso, dal 1999 Benetton rugby, società di capitale. E nel 2010, l’altro ieri, guidava la squadra nell’ingresso in Celtic League, oggi Pro 12, con irlandesi, scozzesi e gallesi. Ora si preparano le sudafricane.... Rivoluzioni ovali che Zatta, 70 anni, manager di Benetton Group e braccio destro di Luciano (Zatta entrò in azienda nel 1968, tornato dalla naja: sarà mezzo secolo nel 2018) ha vissuto intensamente, con tanto di candidatura alla presidenza Fir (2012) fallita di misura.


Zatta, cosa ricorda di quel giorno del 1997?


«La consapevolezza di prendere un impegno oneroso: il rugby è storia di Treviso, sport amatissimo, ai vertici nazionali. Allora si duellava col Milan di Berlusconi».


Cominciò bene: due scudetti di fila...


«
Sì. Sono stati 9 in 13 campionati italiani. Dopo il Milan le sfide con Petrarca, Calvisano e Viadana».


Il ricordo più esaltante?


«Gli scudetti: indimenticabili. Ma era un’altra epoca».


E quello più brutto?


«Molti, ahimè, negli ultimi anni. Abbiamo scoperto quanto la squadra abbia perso competitività in Europa. Ci sono state sconfitte umilianti, e momenti devastanti. Ora vogliamo ripartire, riconquistare considerazione».


Come?


«Abbiamo alzato l’asticella, potenziando organizzazione, struttura, staff, competenze. Mettiamocelo in testa: passa l’ultimo treno, per noi e l’Italia, dobbiamo restarci agganciati, con i denti e con le unghie. Altrimenti si torna all’anno zero: tutti».


Treviso si accolla una responsabilità... nazionale: dovete salvare la patria?


«La responsabilità non ci ha mai spaventato. Ci siamo attrezzati, siamo convinti di risalire la china».


Chi vorrebbe ringraziare, per questi 20 anni?


«Idealmente, tutti quelli che ho incontrato e conosciuto: ognuno ha dato qualcosa. Un grazie speciale va alla famiglia Benetton: ha sempre investito anche quando i risultati sono venuti meno».


Con lei Treviso ha assunto la leadership italiana. Poi la competitività europea, ora la crisi nera.


«Il primato in Italia nasceva da organizzazione, management, programmazione. E anche nelle Coppe, eravamo competitivi, per molti anni».


Eravate arrivati al 40% di risultati positivi in Europa. Oggi pare fantascienza.


«E quante sconfitte di misura, abbiamo sfiorato i quarti di Heineken. Eravamo assolutamente a livello».


Poi cos’ è successo?


«Semplicemente, gli altri sono cresciuti ancora, noi ci siamo fermati. E lo stesso entusiasmo non bastava più ».


Nei primi anni di Celtic siete stati alla ribalta, fino al settimo posto to nel 2013.


«Il salto in Europa è stato un traguardo, per le nostre ambizioni. È sempre stato un obiettivo, siamo tra i 12 club che hanno fondato la Coppa Campioni, grazie a Bouscatel e Tolosa. Coinvolgemmo il Milan, allora. Una sfida accettata consci di cosa ci attendeva: ma ci siamo dovuti rendere conto che gli altri erano di nuovo lontani».


Dica la verità: rimpianti per il divorzio con Smith? Impossibile tenere Munari e il coach sudafricano?


«Il rammarico resterà sempre. Lì si è persa continuità, ma forse anche progetti e programmi che oggi, sviluppati, ci avrebbero consentito di essere a un livello più alto».


Lei è nato calciatore, “sbaeoner”, direbbero i rugbisti. Come arriva al rugby?


«Non subito. Ho sempre avuto amici innamorati del rugby, io dovetti smettere con il calcio, mi diedi allo sci di fondo: 5 Marcialonghe e diverse gare internazionali. Poi altri amici, come Gino Martignon e Ieie Fuselli, mi han “tirato dentro” al rugby».


Dice la leggenda che la sua presidenza era destino, la sua casa era in Ghirada.


«Una coincidenza. Sono di San Lazzaro, ho abitato in via Nascimben dopo che la mia famiglia ha vissuto sfollata dopo la guerra alle Serena».


Gli ultimi segnali ai tifosi sono molto incoraggianti per il futuro. I popolari coperti e l’ingresso nel cda di Christian Benetton.


«La copertura dei popolari sarà il regalo di Natale. E la famiglia non solo non si tira indietro, ma entra in prima persona nel cda. C’è tutta la volontà di restare in futuro nel rugby che conta».
(a.p.)


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