Pilota di Caerano a Le Mans, incidente a 323 all’ora: «Un botto e tanta paura»

Motori. Giorgio Sernagiotto racconta i drammatici secondi in pista a Le Mans «La macchina è sobbalzata e si è impennata. Ho chiuso gli occhi, è andata bene»
CAERANO. Alzi la mano chi è volato fuori strada a 323 chilometri orari. Ad una richiesta del genere, sono in pochi a poter rispondere "sì". Uno di questi è Giorgio Sernagiotto, il pilota di Caerano che alle 21.22 di giovedì sera è stato impotente passeggero della Dallara P217 di Cetilar Villorba Corse. Si correvano gli ultimi 38 minuti della seconda sessione di qualifiche alla 24 Ore di Le Mans, quando alla prima chicane sul lungo rettilineo dell’Hunaurdières la vettura è diventata simile a un cavallo che cerchi di disarcionare il suo fantino: «Ero a 200 metri dalla staccata e stavo già pensando a quella, quando a 323 orari ho sentito un botto fortissimo. Ho tentato di controllare la macchina, ma non c’è stato verso. La macchina, sobbalzando, ha preso aria sotto e si è alzata di 20 centimetri, finendo contro il rail di sinistra.
 
Poi si è impennata, ma non ho guadato il cielo: avrei avuto altra paura e quelle immagini mi sarebbero rimaste in testa. Ho chiuso gli occhi, portandomi le mani al petto per evitare fratture. Ho avuto tanta paura, come non mi era mai capitato prima», dice Sernagiotto. 
 
Il forte botto che ha sentito era la sua sospensione posteriore destra che collassava, forse per la rottura di un perno. Il resto è follia: l’auto che si alza di un metro, precipita a terra e si ferma sulle barriere, distrutta. Al momento Sernagiotto non ha provato paura: ha tentato di venire fuori, nonostante i commissari lo volessero tenere in macchina temendo fratture. Uscito dall’auto, le telecamere di tutto il mondo lo hanno visto andare su e giù per la macchina.
 
Pareva un automa: «Mi hanno visitato e sono tornato al box, ma non pensavo di avere addosso la paura. Me ne sono reso conto durante la gara, quando mi venivano in mente flash irrazionali». Al primo passaggio sull’Hunaudières la paura ha fatto 90. Giorgio temeva un’altra rottura. Chi bazzica le corse lo sa. Se sbatti per un errore tuo, sai dove hai sbagliato e ti dai una spiegazione: «Ma se sbatti per una rottura ti rendi conto che è qualcosa che non puoi controllare, che ti può ricapitare».
 
Per 24 ore il trevigiano ha dovuto combattere contro altri 59 avversari, contro staccate da follia e contro un avversario subdolo: la paura: «Mi sono autoconvinto che è qualcosa che succede di rado, che era stata sfortuna». Altro che il “soldato a cavallo nel cielo di aprile” con cui Lucio Dalla immaginava il suo “Nuvolari”. Dietro il pilota-eroe c’è il pilota-uomo, con tutte le sue emozioni: «Sì, il bello del mio sport sta proprio nel rischio, ma quando è finita la gara mi sono messo a piangere come un bambino. Erano dieci anni che non piangevo». Ad aiutarlo sono stati i tifosi a casa, il pubblico di Le Mans, la squadra, gli amici e la moglie Chiara, sempre al box accanto a lui. Non c’era la mamma, rimasta a casa: «“Vara ti che paura che te me fa ciapar”, mi ha detto», racconta Giorgio, divertito.
 
Tutto è andato bene: grazie al lavoro incredibile dei meccanici al box, la “Route Infernal” è stata completata e Villorba Corse si è presa la bandiera a scacchi della 24 Ore di Le Mans, per la seconda volta. Ora Giorgio si può godere il dolore ai muscoli e si può appuntare un’altra medaglia al petto: ha domato la corsa più mitica al mondo e ha sconfitto il fantasma della paura. 

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