Pavan, botto spaventoso al traguardo della Dakar «L’ho finita con coraggio»

PONTE DI PIAVE. Finire la Dakar in condizioni in cui normalmente non si salirebbe nemmeno in moto. È questa l’impresa portata a termine da Mirko Pavan, il motociclista di Ponte che ieri è salito sul palco di Qiddiya, in Arabia Saudita, portandosi a casa un 75° posto assoluto che ha dell’epico. Tutto succede quando mancano 190 km all’arrivo dell’ultima tappa, dura come non mai. Pavan non si sentiva addosso la moto e sin dall’inizio aveva deciso di prendersela con relativa calma, con l’unico obiettivo di arrivare in fondo a una gara massacrante: «Forse ero troppo rilassato», ha commentato dopo un palco d’arrivo dal sapore unico. A tradirlo è stato il sorpasso che gli ha rifilato un’auto. Senza volerlo, il concorrente ha spostato un po’ di sabbia così da nascondergli una pietra enorme che si trovava proprio nella sua traiettoria. Il resto lo hanno visto due motociclisti francesi che gli stavano dietro. La sua Beta che si imbizzarrisce e parte sparata verso l’alto, lui che precipita a terra con la spalla destra e la moto che gli piomba sulle gambe: «Ho mosso gambe e braccia, intanto. I due francesi che avevano visto la scena erano terrorizzati. Ho cercato di alzarmi, ma facevo molta fatica», racconta Pavan. È allora che la direzione gara manda il segnale sul GPS di cui è dotato ogni dakarista: il trevigiano doveva decidere se farsi mandare i soccorsi tornando a casa a un passo dal palco o proseguire in mezzo ai dolori: «Ho scelto la seconda, mancava troppo poco». A dire il vero, restavano 190 chilometri fra prove e trasferimenti, di cui 60 in mezzo a una pietraia dove la sua spalla gli fa un male sempre più insopportabile. Lui ancora non lo sa, ma il suo tendine è distaccato: «Per affrontare la corta prova speciale allestita vicino al palco ho dovuto prendere due antidolorifici, aiutato da altri concorrenti italiani. Ma sono riuscito a finire anche questa Dakar». Questa è un’impresa bella e buona, una pagina che resterà indelebile nel libro di quella corsa tremenda che è la Dakar. Eppure, in questo momento, della gloria a Mirko importa poco: «I dolori stanno uscendo tutti. Preferivo non cadere». Oggi torna a casa, nella sua Ponte. Dopo aver salutato gli amici, un giretto al pronto soccorso non glielo leva nessuno. Ma nulla vale l’orgoglio di aver terminato in condizioni proibitive la sua seconda Dakar. —

Niccolò Budoia

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