Marcelo Nicola, bel ritorno nella Marca

Il suo nome è scritto nella storia della Treviso cestistica. Si chiama Marcelo Nicola: Treviso oramai è la sua seconda casa e qui è tornato, dopo due anni trascorsi nell'Acb. la massima serie spagnola, per prendersi cura dei ragazzi di San Vendemiano.
Come giudichi l'esperienza spagnola?
«Positiva. Ero a Murcia: ho fatto l'assistente per 1 anno e mezzo, da gennaio sono subentrato come head coach. Questa ultima fase dell'avventura spagnola è stata soddisfacente: mi è stata utile a capire come gestire una squadra in grossa difficoltà. Abbiamo raggiunto la salvezza a 4 giornate dalla. Come lavorano gli spagnoli a livello mediatico? Lì sanno vendere meglio il prodotto pallacanestro. L'elemento principale sono le infrastrutture: circa 15 squadre delle 18 partecipanti all'Acb hanno campi con capienza superiore ai 10mila posti. In Spagna sono sempre stati all'avanguardia nella creazione di eventi: lì sono nate le Final Eight di Copa del Rey, lì è nata la Supercoppa a 4 squadre. L'Italia ha importato queste manifestazioni, ma qui di spettatori ce ne sono pochi. Ricordo invece che alle Final Eight di due anni fa a Vitoria il palazzetto da 15mila persone era esaurito per 4 sere consecutive. E lì sanno anche promuovere ciò che producono; due anni fa presentarono il campionato a Madrid, nella sede di Endesa, industria leader nel settore dell'energia elettrica e sponsor del campionato: all'interno di questo edificio costruirono un campo regolamentare, in cui disputarono gare da delle schiacciate e da 3 punti con i giocatori del torneo. Cosa c'è di diverso a livello politico? La differenza tangibile è la separazione assoluta tra Lega e Federazione: in Spagna la Lega è un ente completamente indipendente, tanto è vero che la Lega dispone di arbitri propri e si occupa dei tesseramenti interni al proprio campionato. Ciò, aldilà di ogni opinione personale, è molto significativo: questa organizzazione concede forte autonomia alle società, ad esempio per quanto riguarda l'orario di ogni gara, deciso dalle società. E in Spagna c'è molta meno burocrazia».
Quest'anno hai iniziato lavorando con il minibasket di Istrana e da qualche settimana sei subentrato sulla panchina dell'U17 RuckerSanve-Tvb: come procede?
«Sono molto contento di lavorare in due ottime realtà. Chiacchierando con il presidente di Istrana è nata l'opportunità di allenare ragazzini di 9-10 anni: stare con i bambini è divertente e stimolante. Poi ho iniziato anche con l'Under 17 Eccellenza: è un gruppo di ragazzi interessanti, con i quali lavoro per il loro miglioramento, perché a quell'età conta la crescita del ragazzo, se poi arrivano le vittorie tanto meglio».
Sei anche diventato padre...
«Sì, è nato questo mostriciattolo da circa un anno: si chiama Matias. È il secondo dopo Markel, nato al mio primo anno a Treviso. Ora sono più vecchio e tutto è un po' diverso: in quei mesi trascorsi senza lavoro me lo sono goduto molto».
Arriviamo alla De’ Longhi: chi ti ha sorpreso in Tvb.
«Credo che Negri sia un ragazzo davvero completo, che migliora ogni domenica. Ma mi hanno stupito anche gli stranieri, ben inseriti , e poi Rinaldi: è un lottatore. Fabi non mi ha stupito, ma solt perché lo conoscevo già e so quanto sia forte».
La cosa più positiva di questa De’ Longhi?
«La simbiosi tra squadra e pubblico, oltre ad una società solida e trevigiana. C'è un atmosfera stupenda e chissà in futuro sarebbe davvero un sogno allenare Treviso: se ci sarà la possibilità, sarò felice di farlo».
Mario De Zanet
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