Il sitting è Kosmico a Zero Branco «Così è uno sport senza barriere»

TREVISO. Si scrive Zero Branco, si legge Albertina. Fino a quattro anni fa, quando la società presieduta da Luigi Cecconi ha deciso di rispolverare un nome storico del territorio, Kosmos. E di avviare, a fianco delle esistenti 13 squadre, il "Sitting Kosmico", un progetto di pallavolo paralimpica che si gioca stando seduti. Il sitting si può praticare anche da normodotati e stanno nascendo squadre in Italia nelle quali disabili anche gravi e persone che non hanno patologie giocano insieme: è un incentivo all'inclusione senza precedenti. Seppur breve, quella del sitting volley di Zero Branco è una storia di grandi umanità e sportività ma soprattutto di grandi persone. Come Marco Mestriner, allenatore e cuore del Sitting Kosmico, capitano della nazionale italiana dializzati agli ultimi Mondiali, coordinatore nazionale del Comitato A.N.E.D. Sport e sportivo inarrestabile. I talenti ci sono, ciò che manca è la consapevolezza: «Rispetto alla scorsa stagione, dove abbiamo giocato un campionato normale, quest'anno abbiamo deciso di puntare sull'aspetto ludico e sociale di questo sport», spiega Cecconi. «Gli allenamenti sono aperti a tutti, è uno sport che non ha barriere ed in collaborazione con la Fipav Tre.Uno coinvolgiamo ogni settimana una società di pallavolo diversa per creare consapevolezza e partecipazione». Presidente Cecconi, com' è nata l'idea di questo progetto? «Quando accompagnai mia figlia al raduno nazionale italiano di pallavolo sorde, a Scandolara, conobbi Marco Mestriner. Il soffitto di quella palestra è particolarmente basso e ricordo che Marco commentò: "Sarebbe ideale per il sitting volley”. Fu quello l'inizio di tutto». Quali sono le difficoltà maggiori? «Coinvolgere le persone con disabilità perché c'è ritrosia nell'accettarsi dopo un infortunio. Si lavora inizialmente sotto il profilo psicologico. Il nostro lavoro punta a far varcare a queste persone la porta della palestra e far capire loro che questo è uno sport dove l'abile e il disabile competono allo stesso livello». In questo senso il sitting volley è meglio di una terapia? «È una terapia sportiva, io la definisco così. Abbiamo ricevuto da poco il patrocinio dell'ASL2 a testimonianza dell'attenzione sociale che questa attività crea senza dimenticare l'aspetto agonistico. In fondo andiamo in campo per vincere, nessuno escluso». —
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