Il maestro Ian McKinley e l’allievo Rizzi dopo cinque anni il passaggio del testimone

rugby: La storiaMaestro e allievo, anno 2013. E compagni di squadra, adesso, l’allievo titolare e il maestro, sua riserva, in Galles, 2018. Due foto, pubblicate ieri sui social. Una a Udine 2013, l’al...

rugby: La storia

Maestro e allievo, anno 2013. E compagni di squadra, adesso, l’allievo titolare e il maestro, sua riserva, in Galles, 2018. Due foto, pubblicate ieri sui social. Una a Udine 2013, l’altra a Swansea, sabato sera, negli spogliatoi dello stadio degli Ospreys. Due foto, due protagonisti, sempre quelli. Ma una sola storia di scuola, di trasmissione del sapere, di passaggio generazionale. E la scienza è il rugby, nel ruolo strategico dell’apertura, il regista, il numero 10, la mente cui è demandata la gestione di campo e partita.

Il maestro ha solo 28 anni e si chiama Ian McKinley, è apertura del Benetton e della nazionale italiana. È quel giocatore che non si può confondere, perché per un gravissimo problema alla vista gioca con speciali occhiali da aviatore degli anni ’30 (e adesso può farlo, un tempo non poteva nemmeno giocare). È lui, da maestro e da campione qual è, che ha colto la chiusura di un ciclo e ha voluto renderla pubblica su Twitter e Instagram. Storia modernissima nei mezzi ma antichissima nello sostanza. Riportiamo il suo commento. «La foto a sinistra mostra me stesso, un allenatore pensionato di 23 anni», ironizza maestro Ian, «con un giovane mediano di apertura, il 15enne Antonio Rizzi. Avreste potuto vedere le sue potenzialità, certamente ha reso più facile il mio lavoro. 5 anni passano velocemente e sabato sera per la prima volta siamo stati nella stessa squadra per il Benetton in Pro 14. Non avrei mai potuto predirlo, solo 6 anni fa, che saremmo stati insieme in una situazione simile. Sono molto orgoglioso del “fratellino”».

L’allievo – forse ex – è appunto Antonio Rizzi, anni 20. Apertura della nazionale under 20 e da questa stagione leone del Benetton anche lui, scommessa della società sul futuro di un ruolo in cui l’Italia storicamente stenta. Era forse un predestinato, perché è cresciuto nella società Leon...orso di Udine, dove papà Massimo è stato presidente e dirigente (e dove oggi il presidente è la mamma Daniela Colombo) e perché quando aveva 14 anni stregò il Monigo vincendo con i compagni il trofeo Topolino e il titolo di miglior giocatore, incoronato dell’altro coach di Treviso Franco Smith, che dev’essersi annotato il nome di Antonio.

La scuola è quelle di Udine, dove McKinley approda dopo l’infortunio che sembrava avergli compromesso la carriera, - era promessa del Leinster, serbatoio principe della nazionale irlandese, con tanto di ultimi Champions Cup e Pro 14 in bacheca. L’infortunio, la vita e il destino hanno fatto il resto: McKinley che approda in Italia, a Udine, e allena le giovanili. Dove gioca Antonio.

Cinque anni e molti match dopo e molti cambi di casacca per entrambi (Rizzi è stato anche a Mogliano e Padova, azzurro dell’under 20, Ian a Viadana e Zebre, e azzurro del Sei Nazioni), l’incrocio del destino. Stesso club e stesso campionato, il Pro 14. L’allievo lo precede, gioca prima lui; il maestro lo rileverà a mezz’ora dalla fine. Cosa volete che sia il risultato, quando c’è il passaggio verso il futuro? È una perfetta storia di scuola, di consegne. E se Rizzi è un bravo “ex allievo”, saprà che il suo debutto da titolare ha avuto luci e ombre, e che la gavetta resta dura adesso come ieri. Ma l’allievo Antonio sa anche che il maestro Ian è ancora lì, riferimento sicuro e costante. I maestri non vanno mai in pensione, gli allievi più bravi sono quelli che non smettono mai di imparare, perché c’è sempre un testimone da raccogliere. —

Andrea Passerini

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