Il coach giramondo: «La mia pallavolo alle Fær Øer»

VILLORBA. L'ultima parola che si trova nel suo vocabolario è saudade. Quel termine portoghese che rappresenta il senso di malinconia e rimpianto per chi è in terra straniera, lontano dai propri cari. Chissà, un giorno finirà anche ad allenare in Brasile. D'altronde manca il Sudamerica nel suo personalissimo giro del mondo, sempre all'insegna della pallavolo. Già, Daris Amadio è uno spirito avventuriero, che non rinnega la propria casa ma ne cerca sempre una nuova. Camerun, Giappone, Australia, Tennessee. E ora Fær Øer. Tremila chilometri da Villorba, un arcipelago dipinto a metà strada tra Islanda, Scozia e Norvegia, tra pescatori, pastori (in lingua norrena Fær Øer significa appunto l'isola delle pecore, ce ne sono 90 mila) e sportivi. Il 32enne trevigiano si è trasferito lì da qualche settimana. Clima oceanico, vento che non lascia scampo, trasporti allucinanti per chi è abituato a muoversi in Veneto. Eppure Daris non si è spaventato. D'altronde gli hanno proposto di svolgere la professione che sa fare meglio: insegnare volley.
Da metà gennaio Amadio è diventato l'allenatore della squadra femminile del Tb-Flogboltur, nella serie A locale, e ricopre anche il ruolo di coordinatore tecnico del settore giovanile. Un lavoro che ha trovato quasi per caso: d'altronde è difficile spedire un curriculum a Tórshavn , la capitale dell'arcipelago politicamente sotto il controllo della Danimarca. È stato l'amico Romica Øster – un omone con i capelli brizzolati originario di Craiova, ora vive anche lui nelle Fær Øer – a coinvolgerlo nel progetto. Si ricordava di questo giovane italiano che aveva conosciuto in Indonesia (a Daris piace viaggiare, questo si era già intuito) cinque anni fa. E ne aveva seguito le avventure in giro per il mondo, tenendosi in contatto e aggiornandosi sui metodi di allenamento e sul mondo della pallavolo. L'ha chiamato a metà novembre, due mesi dopo Amadio iniziava a sfidare il gelido inverno artico. «Un vento micidiale, si fa fatica a camminare e anche a guidare – spiega Daris – ma ci si abitua. Qui sono tutti disponibili. Soprattutto per quanto riguarda lo sport non è cosi complicato cambiare le cose, sono tutti disposti ad ascoltare, relazionarsi e imparare una metodologia di lavoro un po' più seria per migliorare. Siamo l’unico club dell’isola più meridionale, quindi ogni trasferta ci porta via un giorno intero».

Vive a Tvøroyri, duemila abitanti nell’isola più meridionale delle Fær Øer. Ha wifi e tv, il cinema è un miraggio e la vita “mondana” della capitale è a due ore di traghetto, che passa tre volte al giorno, tra insenature sferzate dal vento. Ma lui è concentrato sulla pallavolo: durante la settimana ci si allena, nel fine settimana si disputano le partite di campionato («una vittoria e una sconfitta, finora, se esclusiamo i tornei con le giovanili, la gara di sabato invece è stata rinviata d’imperio dalla federazione perchè una delle giocatrici avversarie doveva sposarsi...»), viaggiando lentamente da un’isola all’altra. D’altronde lo sport da quelle parti è uno dei principali aggregatori sociali: «È una bella sfida perchè hai tante giocatrici (meno maschi, fanno più calcio) e soprattutto hai le facilities (quindi palestre, disponibilità economica del club, un sano volontariato di gran parte della comunità) che sono fenomenali... Ma prima c’è il lavoro e la scuola, poi qualche impiego anche per chi ha 16 anni.. e soprattutto non c'è quella cultura del lavoro di tante ore in palestra. Per loro lo sport è solo un divertimento».

Il prossimo obiettivo, per il novello Walter Mitty, è toccare tutte le 18 isole delle Fær Øer, e magari insegnare il volley senza confini a tutti i 50 mila abitanti dell’arcipelago.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso