Il basket femminile unisca le forze per tornare al top

Chi ha nella mente le gesta della squadra femminile di basket della Pagnossin che nel maggio 1981 conquistò lo scudetto non può non ricordare la travolgente carica agonistica e lo spirito da combattente della sua playmaker, Daniela Grosso (in foto), trevigiana del 1959, veloce, grintosa in difesa, fulminea nelle ripartenze. Alle prese con un ginocchio che la tormentava e che ad ogni partita si gonfiava come...un melone. Undici presenze in azzurro, top di una carriera caratterizzata da mille ostacoli, superati con grande determinazione. Dopo lo scudetto la Federazione le impose un lungo stop di sei mesi per una presunta malformazione cardiaca, poi esclusa. Così la soprannominarono “cuore matto”. A Daniela chiedo cosa le abbia regalato il basket: «Mi ha tanto dato ma anche tanto mi ha tolto. Rifarei comunque esattamente tutto quello che ho fatto. Mettendolo in testa ai miei pensieri, per anni, ho rinunciato a vivere una vita come tutte le ragazze della mia età, ma sono molto contenta. Il basket è stato importante per me non solo per gli aspetti agonistici, i successi, le esperienze sul parquet, ma anche perché mi ha insegnato a vivere assieme agli altri».
Treviso non è mai riapprodata ai vertici, perché?
«Non c'è collaborazione fra le varie società. Ci sono troppe squadre, a Treviso e provincia, di medio livello, la più importante il Basket Treviso di Pasqualini, poi tre formazioni in serie B regionale, Conegliano, Montebelluna, il Ponzano di Bianca Rossi. Altre due militano in Promozione, di cui l'ultima nata, ancora in città, la Nuova Pallacanestro Treviso di Pausich e Montelatici: tutte pensano per sé, anzi peggio, fanno di tutto per ostacolarsi. Sarebbe opportuno, già da tempo, unire le forze lasciando da parte invidie, rancori, pregiudizi. Soprattutto per il bene di tante atlete che non conoscono questi sentimenti, ma che, loro malgrado, vivono in mezzo a queste realtà. È il protagonismo il male comune»
È pur cambiato anche il tasso tecnico del basket femminile...
«Rispetto agli anni in cui giocavo io è cambiato soprattutto l'atteggiamento delle giocatrici. C'è scarsa volontà di sacrificio, di continuità, di tolleranza. Lo spirito di gruppo che ai miei tempi contraddistinse e sospinse quella squadra verso lo scudetto, dandoci "valore aggiunto", si è perduto».
Il Basket Treviso è approdato alla A3 e tenta di riprendersi la scena.
«È una società che da anni cerca la scalata. Peccato che vengano impegnati passione, volontà e risorse economiche a favore di una squadra che ha ben poco di trevigiano e peccato che giovani giocatrici trevigiane che per anni hanno portato il nome di Treviso sulle maglie, vengano costrette, per futili motivi e per richieste di prestito ad altre squadre troppo esose, alla snervante attesa dello svincolo (26 anni) se non addirittura al ritiro».
Prando Prandi
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