Hackett, perchè adesso giochi così bene?
«A Treviso una stagione persa, non mi sono ambientato»

IL GENIO INCOMPRESO Daniel Hackett in azione nella stagione di Treviso Oggi a Pesaro il suo score è tornato a brillare
C'era da scommetterci che Daniel Lorenzo Hackett, uscito da Treviso, diventasse profeta in patria. La Benetton un anno fa sull'allievo di Southern California aveva fatto la sua grande scommessa, elargendogli un sontuoso triennale, affidandogli le chiavi di casa e trasformandolo, forse un po' troppo frettolosamente, in uomo-immagine. Poi lo scaricò a fine stagione, non senza qualche mugugno nel suo entourage, anche per qualche comportamento non proprio professionalmente commendevole (come la sparata contro Vitucci dopo una sua ennesima prestazione nulla). Oggi è tra i migliori della Scavolini Siviglia. Ci voleva l'aria di casa per rigenerarlo, qui andava in tilt alla minima contrarietà, sembrava zavorrato, società e staff tecnico gli avevano dato tutte le chance possibili: niente. A Pesaro, sfruttando anche l'assenza di Andre Collins (che potrebbe tornare proprio sabato sera assieme a Cusin), è un altro giocatore, più sicuro, grintoso, solido mentalmente. Viaggia, in 26', a 12.8 punti con il 61% da due, il 23 da tre, 74% nei liberi, 3 rimbalzi, 1.7 perse, 2.8 recuperi e 2.5 assist. Niente male. A Treviso, in 18', aveva 4.3 punti, 47.6 da due, 23 da tre, 65.5 nei liberi, 2 rimbalzi e 1.6 assist. E dopodomani Daniel Hackett farà il suo primo ritorno da ex al Palaverde, tra la cui tifoseria naturalmente c'è molta attesa di verificare la sua trasformazione, magari attendendosi la solita prestazione super dell'ex, alimentata da ovvi stimoli. Lui ne ha già parlato l'altro giorno a Pesaro, ecco in sostanza cosa ha detto ad Elisabetta Ferri, del Resto del Carlino. «La partita di Treviso per me avrà un sapore speciale, non lo nego, ma mi piacerebbe dividerlo con i miei compagni perché, se vinceremo, sarà la terza di fila. E, al di là delle rivalse personali, è questo ciò che importa. Non sono nervoso, inizierò a caricarmi solo sabato mattina, altrimenti scoppio di adrenalina». Cosa vuoi dimostrare alla Benetton? «Ho sempre riconosciuto di non essermi ambientato e, di conseguenza, di non aver giocato bene. Ma ci sono stati anche altri fattori che hanno influito. In ogni caso è stata una stagione persa alla quale non voglio più pensare. Voglio comunque ringraziare Repesa per avermi insegnato l'etica del lavoro. Tipo duro, esigente, che però regalava tanti stimoli». Cos'è cambiato a Pesaro? «La mia fortuna è aver trovato compagni come Flamini e Cinciarini, con Bartolucci e Traini siamo 5 ragazzi cresciuti nella Vuelle: facciamo capire agli stranieri quanto è importante rapportarsi con la gente anche fuori dal campo. E poi qui ricopro più ruoli: guardia e play. Il regista che è in me però deve ancora venire fuori, ci vogliono anni. Ed io non sono certo soddisfatto di ciò che sono a 22 anni». Che rapporti hai ancora con Treviso? «Mi sento spesso con Gentile, a Motiejunas invece devo ricordare che ha ancora la mia playstation...».
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