Edney, canestri impossibili «Col Maccabi fu pazzesco»

L’ex play della Benetton ora è viceallenatore dei Bruins di Ucla, la sua università «A Los Angeles regna il mito di Jabbar e Wooden, ma che imprese al Palaverde»
TREVISO. In campo sembrava una palla di gomma dotata di razzi, un funambolico soldo di cacio con doti di palleggio, acrobazia e velocità mai viste prima e dopo a Treviso. Tyus Dwayne Edney, l’indimenticabile folletto nero che deliziò il popolo del Palaverde per quattro anni: una gioia per gli occhi per i suoi tifosi, un incubo per gli avversari. Da noi arrivò nel 1999, a 26 anni, appena dopo aver vinto l’Eurolega con lo Zalgiris, ci restò una stagione prima di andare ai Pacers (ma nella Nba c’era già stato con i Kings e i Celtics) per poi tornare qui e vivere altri tre anni, il tempo necessario per vincere due scudetti, tre Coppe Italia e due Supercoppe. E di fallire di un soffio due volte, nelle Final Four, la Coppa più bella e sempre per mano dei padroni di casa, nel 2002 in semifinale a Casalecchio contro la Virtus e l’anno dopo in finale dal Barcellona. Formidabile quella Benetton: c’erano fra gli altri assi come coach Messina, Nicola, Langdon, Garbajosa, Pittis, Bulleri, Marconato, un giovanissimo Bargnani. Oggi Edney ha 44 anni ed è vice allenatore dei Bruins di Ucla, la straordinaria università della sua California che ha sfornato giocatori e coach entrati nella leggenda. Fra questi Kareem Abdul Jabbar, che prima di convertirsi all’Islam si chiamava Lew Alcindor e che con 38.387 punti è ancor oggi il primo realizzatore nella storia della Nba. I suoi 14 anni ai Lakers in coppia con Magic Johnson, gli sky hook - i ganci cielo . i duelli con Parish e Mc Hale dei Celtics: pagine storiche, gloriose. Jabbar ha voluto scrivere un libro per raccontare gli anni vissuti con il patriarca John Wooden, il suo primo allenatore, ad Ucla dal 1948 al 1975, 10 titoli Ncaa vinti.


Tyus Edney, per te quei due sono ovviamente dei miti. Hai avuto l’onore di presentare il volume al college.


«E’ un libro bellissimo, leggerlo è stata una gioia nel vero senso della parola, ti porta letteralmente indietro nel tempo e ti fa conoscere il rapporto di due fra le più grandi leggende della pallacanestro universitaria. Il racconto di Kareen ci dà una immagine molto nitida di che genere di personaggi fossero e come lo siano diventati. E capisci davvero perché Jabbar e Wooden hanno avuto tanto successo in carriera».


Pensi che l’eredità di Wooden sia presente ancor oggi?


«Sono convinto che i giocatori ma anche i tifosi sentano ancor oggi gli effetti del grande insegnamento e della tradizione che Wooden ci ha lasciato. La sua eredità è ancora viva qui a Los Angeles e in tutti gli Stati Uniti».


Nel ‘99, primo anno in Europa, vincesti con lo Zalgiris l’Eurolega nonché il titolo di Mvp delle Final 4, in finale alla Virtus di Danilovic e Rigaudeau segnasti 14 punti. Come fu l’impatto con il basket europeo, tu che venivi da Boston?


«Con Treviso, anche Kaunas e la Lituania sono rimasti nel mio cuore. Ricordo che quando arrivai in Lituania ero nervoso, ma dopo un mese mi accorsi che c’era qualcosa di speciale. La squadra era ottima ma non potevo immaginare che avremmo vinto l’Eurolega, crescemmo tutti assieme man mano che la stagione andava avanti. Il resto è storia. Personalmente la giudico una delle mie stagioni europee più divertenti».


Dì la verità: ti sei divertito anche a Treviso. Quali sono i ricordi più belli di quelle quattro stagioni da noi?


«E' vero, stare alla Benetton mi è piaciuto tantissimo. Conservo un sacco di grandi ricordi dei miei compagni di squadra e dei successi conseguiti con quella maglia. I tifosi erano proprio incredibili, mi facevano sentire Treviso come fosse la mia seconda casa. Ed ancor oggi sono in grado di mantenere di tanto in tanto rapporti con i miei vecchi compagni attraverso i social e Facebook. Da voi ho ancora amici che mi tengono aggiornato su tutto».


Ricordi quel tuo pazzesco canestro da tre, l’unico della gara, che fece vincere la Benetton 84-83 in casa del Maccabi mandandola a Barcellona: Yad Eliyahu, 10 aprile 2003, a 6 decimi dalla sirena prendesti al volo il passaggio di Langdon e da 12 metri segnasti di tabella…


«Me lo ricordo benissimo, credo sia stato il mio buzzer beater più difficile della mia carriera. Ero così emozionato che quando vidi entrare il pallone corsi come impazzito tutto attorno al campo. Devo ammettere che anche il Maccabi era una grande squadra (ci giocava Marcus Goree,
ndr
) ed esserci qualificati per Barcellona battendo un avversario così forte fu veramente una cosa fantastica».


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