«Corro vicino a casa poi yoga e tagliatelle Scudetto alla Virtus? No, va guadagnato»

Matteo Imbrò, capitano di TvB, è rimasto nella Marca per il lockdown «Come finire la stagione? Io penso solo che c’è gente che muore» 
guerretta agenzia foto film villorba treviso basket -fortitudo in foto imbrò
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L’INTERVISTA

A fronte delle migliaia di italiani del nord che pensavano di scappare dal coronavirus rifugiandosi al sud, a Treviso abbiamo un siciliano di Agrigento, anzi di Porto Empedocle, che ha adottato un comportamento esemplare, scegliendo cioè di restare da noi, dove attualmente vive e lavora. Parliamo naturalmente di Matteo Imbrò, capitano della De’ Longhi. Capitano non giocatore, chiaro, anche lui come tutti appiedato dalla pandemia. Ma mentre i suoi compagni prima che scattasse il lockdown hanno immediatamente deciso di tornare nei rispettivi luoghi natii, Imbrò ha rinunciato a rientrare a casa, posto peraltro meraviglioso, vivendo queste lunghe giornate nella sua abitazione trevigiana. «Ormai è vietato spostarsi anche di comune in comune - dice - ma all’inizio è stata una mia scelta, ho preferito rimanere a Treviso sapendo che quando la situazione sarebbe migliorata avremmo ripreso gli allenamenti (procrastinati sine die dalla società, ndr). Poi ho pensato anche che sarebbe stato meglio non tornare a casa provenendo da una zona rossa, chiaramente per evitare contagi. Ad ogni modo oggi gli ingressi in Sicilia sono vietati».

Un comportamento il tuo che va controcorrente.

«Ho considerato prima di tutto la mia famiglia e la mia professione: questo è stato alla base della mia scelta».

Anche tu ti sarai ingegnato su come passare la giornata.

«Ho iniziato a fare yoga, leggo libri, mi alleno, seguo qualche serie TV, insomma cerco di tenermi impegnato. Ho cominciato anche a cucinare, niente di particolare eh: tagliatelle fatte in casa, parmigiana, cose così. Non seguo ricette, in caso di necessità chiamo mia madre per chiedere consiglio».

Non sei ancora arrivato agli arancini?

«No, però nonna mi ha insegnato: quando avrò un po’ di voglia, non certo di tempo perché quello adesso non manca, mi cimenterò».

Come fai ad allenarti con tutti questi divieti?

«Ho la fortuna di avere una distesa erbosa di fronte a casa e quindi faccio qualche corsa, ovviamente nei limiti dei 200 metri. Seguo le disposizioni che ci hanno dato, qualche consiglio da internet e qualcuno da un mio amico. Diciamo che non si riesce a correre tanto però si fa il possibile».

Matteo, ma ci credi che la serie A possa ripartire?

«Io oggi sinceramente, più che pensare al campionato, spero che l’epidemia possa terminare con il conseguente ritorno alla normalità. Vedo ogni giorno gente che sta male e muore, prima di tutto viene la salute. Prima ne usciremo da questa emergenza mondiale meglio sarà per tutti».

Tutti speravamo che il primo storico anno di serie A di TvB finisse diversamente.

«Il virus non se l’aspettava nessuno ed ancora non si sa se il campionato verrà ripreso o meno: sono certo che anche per i tifosi la priorità sia la salute, alla pallacanestro ci penseremo dopo».

Un’ipotesi, in caso di blocco definitivo, è quella di assegnare lo scudetto alla capolista, cioè la Segafredo.

«Da un lato chi era in testa prima della sospensione del campionato aveva i suoi meriti, dall’altro non mi pare una soluzione valida: i trofei si conquistano lottando e vincendo sul campo, mi sembra il sistema più bello. Mancano 14 partite, al problema stanno pensando le persone competenti, da fuori non resta che aspettare quello che succede».

Quale scenario immagini quando si tornerà a giocare?

«Tutto dipende da quando finirà l'emergenza e da come ne usciremo. Io spero ci siano le prerogative per sperare in un futuro positivo e magari migliore. Io adesso non posso sapere come sarà ma sicuramente qualcosa cambierà».

Bisognerà vincere la sindrome da assembramento.

«Può essere, comunque oggi si sta cercando di risolvere la situazione come è successo a Wuhan, ma credo anch'io che in futuro cambierà il modo di rapportarsi con le persone: anche quando sarà tutto finito la gente inevitabilmente sarà condizionata dal fatto di stare gomito a gomito. Però che non ci siano più contagiati ed il tornare alla normalità resta l'aspetto fondamentale». —

Silvano Focarelli

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