Canottaggio: Sara, una 24 Ore per entrare nel mito
La Baran e il livornese Martelli remando hanno totalizzato più di 328,5 km

CHE GIORNATA. Il alto, il cambio al simulatore tra Sara e Martelli assistiti da Primo Baran (seduto) Sotto, Baran, Sambo e Cipolla ori olimpici a Città del Messico A sinistra, Sara Baran in veste di rematrice «vera»
Da Milano a Firenze, dandosi il cambio, in due, ai remi: 328 chilometri e 596 metri. Il tutto in 24 ore, perchè era su questo spazio di tempo che si misurava la distanza. Ok, è vero: non c'è un naviglio che consenta una tale impresa. Ma c'è il remo-ergometro. Dell'impresa-record, realizzata a Livorno, parliamo nell'articolo riquadrato qui a fianco. Ma la protagonista al femminile dell'impresa è trevigianissima: è Sara Baran, figlia di... cotanto Primo, oro olimpico nel "due con" a Città del Messico. Anche Sara ha alle spalle 30 di titoli italiani, ma...
Essere "figlia di Primo" è stato a lungo un grave handicap, giusto?
«Diciamo che fin da piccola la domanda mi ha perseguitato. Figlia di Primo? Figlia di "quel Baran"? E tu a rispondere sì, con l'impressione di restare per sempre la figlia di quello che conta. Poi superi la cosa, ma...».
Ma c'è un'età in cui pregiudica molto...
«Da adolescente, quando cerchi la tua identità, vorresti farti i comodi tuoi, gli amoretti eccetera... E invece sei sotto i riflettori, sei "la figlia di". Insomma, se come atleta non ho sentito granchè il confronto, nel privato ho pagato un prezzo».
Rischiavamo di non sapere: il record l'ha fatto in palestra a Livorno e le agenzie la definivano "padovana". Trevigiana, no?
«Sì, ma è una storia lunga. Dopo tanti anni passati a gareggiare e a vincere titoli italiani nel singolo e nel doppio, mi ero stancata, anche per via di certe pastette in azzurro. Così ho smesso per un anno intero. Poi sono tornata a remare per conto mio agli Ospedalieri, dove mio padre insegna ancora, e un dirigente della Canottieri Padova mi ha proposto di tornare a gareggiare. Quest'anno, a 33 anni - di cui 10 di voga - ho vinto il mio primo tricolore nel "quattro di coppia"».
E nella vita, che fa?
«Sono laureata, faccio l'impiegata in una ditta, sono libera da legami amorosi e mi godo la mia libertà, ma vivo con i miei. Bambocciona? Sì, un po', ma non sono figlia unica. Mio fratello abita a pochi metri da me ed è lui il mio punto di riferimento: devo vederlo e sentirlo almeno una volta al giorno».
Com'è nato il record?
«Ne avevamo fatto un altro a giugno. C'era anche il mio co-équipier di stavolta, Mauro Martelli, tra i 15 che con me a Roma si erano alternati ai remi, sempre del simulatore di voga, per fare il record sui 100 chilometri. Poche centinaia di metri a testa, cambi veloci, una cosa un po' da circo. Martelli però aveva lanciato l'idea della 24 ore. Gli ho risposto: tu sei matto. Ma poi mi sono ritrovata a pensarci e...».
E a provarci. Siete entrati nel guinness dei primati, altro che scherzi. Come funzionava la cosa?
«Dieci chilometri io, dieci lui; dieci io e dieci lui... Poi cinque io e cinque lui, avanti così...».
Dicono che l'ometto abbia terminato più affaticato della signorina.
«Lui dopo le prime sei ore ha accusato dei crampi, ha faticato a superarli, ma è rientrato bene senza crollare. Nel finale abbiamo sentito la fatica, abbiamo calato, è vero, ma mai mollato. Comunque abbiamo battuto di gran lunga il vecchio record: volevamo che ci mettessero un po' a cancellarcelo».
Pronta a riprenderselo?
«No: fatta una volta, fatta per sempre».
E manco a dirlo papà Primo era lì accanto. Come l'ha presa questa remata senz'acqua?
«No, non ha storto il naso, non ha fatto il purista. A veva trovato da ridire quella volta dei 100 chilometri in 15, ma questa prova era più naturale e rispettosa del canottaggio vero. Poi lui non parla già di suo...».
Ventiquattr'ore senza dormire?
«Sì, ma poi ho dormito normalmente e stamattina (ieri ndr) sono andata al lavoro senza risentirne troppo».
Di solito un record lo si dedica. A chi?
«Io sono una bella matta, lo dedico ai miei amici, matti quanto me».
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