A Treviso lo studio sulle malattie genetiche dei cuori degli sportivi

TREVISO. Dopo la scomparsa di Davide Astori lo sport affronta un altro dramma, la morte del calciatore croato Bruno Boban. Domenica durante la partita contro il Pozega Slavonja si è accasciato sul campo, aveva solo 25 anni. Scolpite nella memoria le morti del pallavolista Vigor Bovolenta e del calciatore Piermario Morosini, entrambe nel 2012, solo per ricordare alcuni dei campioni scomparsi all'improvviso senza un evidente perché. Da anni il primario Patrizio Sarto (in foto) studia il cuore degli atleti, ha curato la la Nazionale, seguito il biathlon alle Olimpiadi ed è grazie a lui se il Servizio di Medicina dello Sport di Treviso è un'eccellenza che sarà ora protagonista di uno studio per identificare le malattie genetiche associate al rischio di gravi aritmie.
Dottor Sarto, nell'ultimo mese già due morti improvvise di atleti all'apparenza sani, com’è possibile?
«Gli eventi che colpiscono gli atleti sono quelli di maggior impatto, perché mai ci si aspetta che un atleta, per definizione sano e fisicamente forte, possa andare incontro a un evento catastrofico, talvolta fatale».
Cosa sfugge?
«Alla base c'è un concetto errato di popolazione sportiva. Si pensa che il giovane sia sano per definizione e invece dobbiamo considerare che la prevalenza di alcune patologie esista anche nei giovani. Nell'ambito cardiologico ci sono ad esempio le cardiomiopatie (disfunzioni del muscolo cardiaco) e le malattie genetiche. Il ruolo di medicina e cardiologia dello sport è di fare diagnosi precoce e mirata».
Nel nostro Paese i controlli sono sufficienti?
«Le percentuali di mortalità si sono ridotte in modo significativo grazie allo screening cardiovascolare. Negli anni '80 le morti improvvise erano 4 su 100 mila, adesso sono meno di 1. La medicina scolastica non esiste più, la visita di leva nemmeno, quindi chi vede la popolazione giovane sono i medici dello sport, ed è abbastanza frequente che visitando un ragazzo si scopra una patologia. A breve partiremo con uno studio».
Una ricerca selezionata tra 400 lavori, finanziata dal Ministero della Salute: cosa studierete?
«Lo sport in alcuni giovani provoca degli adattamenti che possono mimare una malattia genetica. Questa ipotesi nasce da osservazioni fatte a Treviso: abbiamo notato che dei ragazzi presentavano alterazioni che sembravano riconducibili alla sindrome del QT lungo (malattia genetica che espone al rischio di gravi aritmie con un'incidenza di 1 ogni 2.500 nati) e invece abbiamo visto che alcuni soggetti, sottoposti a una fase di disallenamento, sono risultati negativi al test genetico. In altri, invece, questi adattamenti si sovrappongono alla cardiomiopatia e lì bisogna essere molto attenti».
Il progetto coinvolge altri due luminari, il professor Peter Schwartz e il dottor Antonio Pelliccia dell'Istituto di Scienza dello Sport del Coni. Come si articolerà?
«A Treviso arruoleremo mille atleti tra i 6 e i 17 anni assolutamente normali e poi incroceremo i dati con il gruppo di Pelliccia che si occupa degli atleti nazionali e probabili olimpici e il gruppo di Schwartz che è il padre della sindrome del QT lungo. Sappiamo già che lo sport provoca alcuni adattamenti fisiologici che non sono pericolosi, il cuore tende a rimodellarsi in senso positivo, aumenta la dimensione e la frequenza si abbassa. Ma in alcuni casi tutto questo si può sovrapporre a una cardiomiopatia».
Nel 2017 in provincia di Treviso si contano 7 atleti deceduti facendo attività fisica, hanno tra i 39 e i 70 anni. Come interpretare questi numeri?
«Negli over 40 la mortalità è più alta e il problema è che molti di questi atleti si sentono immortali, magari non vanno dal medico di famiglia, non controllano pressione e colesterolo. Altro fattore di rischio è la pratica di attività sempre più impegnative, maratone, granfondo e ultra endurance dove si estremizza la prestazione».
Chi prova la scorciatoia del doping cosa rischia?
«È estremamente pericoloso. Gli steroidi anabolizzanti sono paragonabili alle droghe, danno dipendenza, aumentano l'aggressività, danneggiano cuore, vasi sanguigni e apparato riproduttivo. Tutti gli sport sono a rischio, amatoriali e non».

Bisogna ascoltare il proprio corpo?
«Nel 2007 il calciatore spagnolo Antonio Puerta è morto perché sono stati trascurati due episodi sincopali durante l'allenamento. Nella storia dello sport professionistico quasi sempre gli eventi avversi accadono perché non è stato adeguatamente considerato qualcosa. La medicina ha pochi strumenti per definire il quadro: l'anamnesi, la storia familiare, i sintomi e gli accertamenti».
Dei 10 sportivi over 35 il cui cuore ha smesso di battere durante l’attività fisica nel 2017, 3 figurano “resuscitati” grazie al defibrillatore. Quanto importante è questo dispositivo?
«È cruciale e bisogna continuare con la diffusione capillare. Un massaggio cardiaco ben fatto e una defibrillazione precoce sono l'unica possibilità di sopravvivenza per una persona in arresto cardiaco. Ricordo il caso drammatico di Piermario Morosini, il defibrillatore c'era ma non è stato usato».

Qual è il ruolo della prevenzione?
«Chi fa sport si sente immune da tutto, ma non è così. Jim Fixx, l'inventore del running, è morto all'età di 52 anni. Chi fa poco movimento cita Fixx dimenticando una parte: lui era un forte fumatore, obeso e iperteso che aveva deciso di cambiare vita e trascurato un dolore al torace».
Tuttavia l'esercizio fisico è importante?
«È una terapia che deve essere dosata correttamente per evitare effetti collaterali. Pochi giorni fa è passata una delibera regionale che prevede la creazione delle palestre della salute, il Veneto sarà il primo ad attivarle. Come Medicina dello Sport di Treviso stiamo coordinando il programma sull'uso dell'esercizio fisico per la cura delle malattie croniche, dobbiamo far muovere il maggior numero di persone di tutte le età».
È stato uno dei pattinatori più importanti del mondo, perché ha scelto di diventare medico dello sport?
«Ho sempre amato lo sport e il passaggio è stato naturale. Quando un atleta ha un problema e parlo a lui e ai genitori li capisco perfettamente perché sono uno degli atleti fermati per problemi cardiaci. Conosco la delusione di essere sospesi, ma accade anche ai campioni. Cassano ha avuto un problema cardiologico ma poi è tornato, Cristiano Ronaldo è stato ablato».

Un caso a lei caro?
«Massimiliano Presti, aveva un'aritmia, me l'ha confidato e dopo l'ablazione è diventato campione del mondo. Anche Ippolito Sanfratello, oggi segretario della Federghiaccio, ha superato un problema cardiologico ed è stato campione mondiale e olimpico di pattinaggio. Ho seguito grandi sportivi e in alcuni casi una valutazione corretta ha permesso loro di esprimersi ai massimi livelli».
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