Segnali di pace dal tempo di Augusto

In Pinacoteca quattro reperti dal museo archeologico di Napoli

L’espressione Pax Romana, entrata in uso a partire dal Principato di Augusto, tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C., si riferisce a un lungo periodo di pace e di concordia universale che caratterizza i primi due secoli dell’Impero. Instaurata dopo la definitiva vittoria di Ottaviano su Marcantonio e Cleopatra ad Azio nel 31 a.C., che pose fine a decenni di guerre civili e lotte intestine per il potere, costituisce il cardine principale intorno al quale ruota il programma di rinnovamento politico, culturale e religioso di Augusto.[…] Tale programma, che riguardò ogni aspetto della società in maniera capillare, portò alla nascita di un nuovo linguaggio figurativo, alla creazione di immagini e simboli nuovi e inediti che dovevano rimandare con incisività immediata ai valori della pace e della concordia, le cifre distintive del Principato. Questo nuovo linguaggio figurativo costituisce un vero e proprio sistema di comunicazione visiva funzionale alla propaganda e alla diffusione del programma di rinnovamento politico, religioso e culturale promosso da Augusto.

Le opere esposte in mostra concesse in prestito dal MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, costituiscono un chiaro esempio di questa profonda e complessa operazione culturale e denotano i valori portanti della ideologia augustea: pace restaurata, concordia, pietas religiosa, benessere e prosperità. «Ancora una volta il MANN, con le sue collezioni, è portavoce di valori universali da condividere» ha spiegato il direttore Paolo Giulierini. «Ci è piaciuta l’idea di un omaggio, nel segno della pace, alla città simbolo dell’armistizio e di tanti caduti, in un anniversario così significativo per la storia del Novecento e dell’Italia. Le opere del Museo Archeologico di Napoli» ha aggiunto «parlano di pace, concordia e prosperità. Un bel messaggio da parte di un museo».

Tra i quattro reperti esposti, il puteale, bacino per la raccolta dell’acqua, databile nei decenni iniziali del I secolo d.C. e rinvenuto nell’ala est di Villa Jovis a Capri, residenza di Tiberio, è decorato sull’intera superficie da un motivo decorativo a rilievo raffigurante due cespi di cinque foglie d’acqua, lunghe e piatte disposte a raggiera da cui si dipartono due tralci di vite con pampini e grappoli d’uva. Un significato più spiccatamente politico è quello contenuto sulla Lastra Campana, databile all’ultimo quarto del I secolo a.C. e proveniente dal foro dell’antica Capua, l’odierna Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta. L’esigenza di rinnovamento portata avanti da Augusto fu molto sentita anche al di fuori della stessa Roma, nelle città romane d’Occidente. Un esempio emblematico, da questo punto di vista, è l’edificio di Eumachia, consacrato alla Concordia e alla Pietas Augusta nel foro di Pompei rappresentata dalla bellissima statua di culto esposta a Vittorio Veneto, databile agli inizi del I secolo d.C.

Le immagini delle personificazioni delle nuove divinità augustee conoscono una capillare diffusione anche in ambito privato. Il medaglione in argento, che doveva decorare il fondo di piatti o coppe, porta l’immagine della dea Fortuna: regge nella mano destra una patera, coppa per le libagioni rituali, e nella sinistra una cornucopia piena di frutti, simboli della pace, del benessere e della prosperità dei nuovi tempi.

La mostra in Pinacoteca è aperta fino all’8 luglio: sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18.

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