Scoperto il dualismo onda-corpuscolo
Ricercatori padovani protagonisti dell’esperimento rivelatore: ricadute su comunicazioni e privacy

Dopo la conferma delle onde gravitazionali, teorizzate da Einstein cent’anni or sono e “viste” (proprio da un ricercatore padovano) solo quest’anno per la prima volta, la scienza avanza un’altra conquista epocale, dimostrando la teoria del dualismo onda-corpuscolo (che sta alla base della meccanica quantistica) nello spazio. La scoperta, in apparenza del tutto astratta, avrà invece risvolti molto pratici, perché questo settore di studi, oggi, interessa tutto il campo delle comunicazioni sicure e della privacy.
L’esperimento è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale “Science Advances”, e porta la firma di un gruppo di lavoro a cui hanno collaborato gli studiosi dell’Università di Padova e l’Agenzia Spaziale Italia (Asi). La teoria del dualismo onda-corpuscolo è assai complessa, ma banalizzando un po’ dice che ogni particella elementare presenta comportamenti tipici sia delle onde che dei corpuscoli. Questi due aspetti della particella, però, non si possono indagare contemporaneamente, ma solo uno per volta.
Einstein e Bohr, tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, ne hanno ampiamente discusso nei celebri dialoghi. Poi, negli anni ’70, si fece strada l’esperimento di John Wheeler, detto “a scelta ritardata”, che proponeva di indagare la particella solo dopo che aveva definito le sue caratteristiche. Più di recente, lo sviluppo delle tecnologie quantistiche, nonché la capacità di manipolare e controllare la luce anche al livello dei suoi costituenti elementari, ha permesso di realizzare in laboratorio alcune prove che, in passato, erano state pensate come arzigogolati esperimenti mentali. Nel loro lavoro i ricercatori italiani hanno fatto anche di più: sono infatti usciti dal laboratorio e hanno realizzato l’esperimento di Wheeler lungo un canale spaziale di 3.500 km, dimostrando la validità della descrizione quantistica in un contesto ancora inesplorato.
Dal punto di vista applicativo, il loro lavoro mette in luce l’avanguardia italiana nelle comunicazioni quantistiche satellitari, che rivestiranno un ruolo sempre maggiore da qui in avanti nel campo delle comunicazioni criptate su grandi distanze. «Lo sviluppo di questo nuovo campo di ricerca» spiega il professor Paolo Villoresi, del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova «è appena cominciato, e ha già portato paesi come Cina, Giappone, Germania, Canada, Singapore e Austria a investire fortemente in queste tecnologie. Questo lavoro dimostra come l’Italia abbia tutte le carte in regola per restare al passo delle altre potenze in questo ambito che sarà sempre più strategico negli prossimi anni. L’Università di Padova, infatti, ha avuto un ruolo chiave, fin dall’inizio, nello sviluppo del settore delle comunicazioni quantistiche nello spazio. Ha infatti finanziato le prime ricerche sullo scambio di un singolo fotone tra satellite e Terra a partire dal 2003, quando questa era un’area di ricerca inesplorata. Dopo i primi risultati, pubblicati nel 2008, ha fornito un determinante stimolo con il finanziamento del progetto strategico di Ateneo QuantumFuture. Questo ha permesso di realizzare gli esperimenti di codifica quantistica in polarizzazione e modi temporali». Con il senno di poi, la coraggiosa scelta dell’Università si è dimostrata lungimirante: questi sono stati i primi esperimenti che hanno aperto le comunicazioni quantistiche dallo Spazio. E il primo è stato selezionato come uno degli otto “Highlight of the Year” dall’American Physical Society.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso
Leggi anche