Radio Company festeggia a Treviso i trent'anni

TREVISO. Mediamente, a tre italiani su quattro capita di ascoltare la radio almeno una volta al giorno. E se buona parte del pubblico si concentra sulle radio di dimensione nazionale, da Rai a Rtl o Radio 105, le radio regionali continuano ad avere un grande spazio, segno che la vitalità di alcune esperienze non si è spenta. Venerdì sera, in Piazza Duomo a Treviso, Radio Company festeggerà i suoi primi trent’anni di vita, forte anche dei risultati che nel 2016 l’hanno data come la più ascoltata tra le radio che hanno casa nel Nordest, una media che sfiora i 500 mila ascoltatori al giorno. Trent’anni che hanno visto cambiare molte cose nel fare radio, come racconta Mauro Tonello, che nel 1987 era tra i fondatori della radio e ancora oggi ne è il direttore artistico. «Le prime radio libere» racconta Tonello «erano nate dieci anni prima, noi siamo stati fra gli ultimi di quella ondata. Era una radio molto diversa, eravamo in tre quattro a farla mentre oggi siamo una cinquantina, il livello professionale è totalmente cambiato, ma una cosa credo sia rimasta intatta ed è lo spirito con cui si fa questo lavoro, perché se non sei sincero, se non lo fai con passione, il pubblico se ne accorge e ti abbandona». All’inizio era un gioco o poco più. «Per alcuni anni la radio era una cosa che facevamo nel tempo libero, non era il nostro lavoro e nessuno di noi pensava che potesse diventarlo» racconta Tonello «ma ad un certo punto le cose sono cambiate, si doveva fare una scelta, e io ho scelto di occuparmi a tempo pieno della radio, di farlo diventare un lavoro e non me ne sono mai pentito». Anche perché i numeri gli hanno dato ragione. «Chi pensava che le radio soffrissero di fronte ai nuovi mezzi» dice Tonello «si è sbagliato, le radio ti parlano, il web no. La radio riesce a sorprendere, a incuriosire, magari alleandosi con la rete, e noi di Radio Company siamo stati tra i primi a usare le nuove tecnologie».
Un tempo le radio private erano il territorio dei giovani, ma da tempo non è più così. «Il nostro target» aggiunge Tonello «è tra i 18 e i 50 anni. I giovanissimi non usano la radio, ma in realtà non si dovrebbe più parlare di età, ma di stili di vita. Il cinquantenne di oggi non ha nulla a che fare con quello di quando abbiamo iniziato». La crisi ha colpito, ma anche qui sembra passata. «Qualche anno fa» continua Tonello «la raccolta pubblicitaria è calata, ma ora le cose stanno di nuovo andando bene, le aziende stanno investendo perché credono molto nella comunicazione radiofonica; ovviamente le realtà più piccole hanno sofferto, alcune hanno chiuso». Anche perché è in atto una concentrazione della proprietà che ha visto Mediaset protagonista. «Certamente questo influirà sul mercato» dice Tonello «ma può essere anche positivo che grandi gruppi investano in questo settore. La sfida è riuscire a evolversi. Noi siamo passati da realtà artigianale a realtà professionale un po’ alla volta, conservando la capacità di essere in sintonia col pubblico e in qualche caso anticipando quello che sarebbe venuto». E la festa dei trent’anni tenderà a sottolineare questa capacità. «Dei conduttori del 1987 non è rimasto nessuno» chiarisce «ma le voci storiche, come Cristina Dori e Massimo Biraghi sono venute poco dopo. Abbiamo voluto festeggiare a Treviso, anche se la nostra sede è Padova, perché è proprio lì che abbiamo organizzato il primo evento». Sì, perché nel tempo Radio Company ha proposto anche molti eventi dal vivo. «Ricorderò sempre, ma se lo ricorda anche lui con affetto» racconta Tonello «la prima volta sul palco di Tiziano Ferro, a Padova, a Ferragosto, davanti a centomila persone: era spaventatissimo».
Non lo saranno gli ospiti di venerdì: Fabri Fibra, Michele Bravi, Rick e tanti altri. «Vogliamo proporre una cavalcata dagli anni Ottanta a oggi» annuncia «per questo ci saranno personaggi come Richenel che ebbe grande successo con la disco in quegli anni o Valeria Rossi che ha dominato l’estate di qualche anno fa». E mentre si festeggia si guarda avanti, alla televisione. «Abbiamo aperto il canale televisivo perché è diventato una necessità - conclude - la gente ascolta la radio in televisione, anche perché gli apparecchi radiofonici ormai quasi non esistono più. Certo è che si è perso il fascino della voce senza volto su cui si poteva sognare».
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