Non perdete Treviso nel cuore a casa Robegan la collezione di Paolo Cigaia

MARCO GOLDIN
Una mostra molto bella, che chiude domani a Casa Robegan, è purtroppo passata quasi sotto silenzio in questa Treviso distratta dal caldo e a volte quasi indifferente nei confronti della propria storia. Chi abbia voglia di sfidare l’afa, faccia una capatina lì ancora oggi e domani e nelle sale del bel palazzo (bisognoso di cure) di proprietà del Comune, troverà una collezione nata dall’amore di una persona per i pittori che hanno raccontato Treviso e le sue campagne, i suoi fiumi e le colline attorno. Ma anche luoghi nascosti, i mercati, la Loggia, le piccole vie nell’ombra dell’estate, i volti delle persone che incontravamo per strada da bambini, tutto quanto insomma ci riporta al tempo della giovinezza felice in una Treviso molto diversa da com’è oggi. Una Treviso che aveva l’odore della vita vera, agganciata al ritmo delle stagioni e ogni giorno era una luce diversa, ogni giorno era un respiro che ti prendeva mentre camminavi nelle vie e nei vicoli e in piazza del Grano giocavamo a pallone e le giacche buttate a terra facevano da pali delle porte. E la rete era il cielo, fino a sera.
Ho visitato questa mostra e adesso tengo in mano il bel libro, elegante, dal formato quadrato, che ne costituisce il catalogo. Leggo il titolo, Treviso nel cuore. Collezione Paolo Cigaia, e poi sfoglio rapidamente tutte le oltre duecento pagine, leggo i brevi scritti, la corrispondenza del collezionista con un pittore che mi è stato così caro, che per me è stato la scintilla per farmi amare la pittura, nella mia età oramai lontana dei vent’anni. Rivedo tanti quadri che conosco, che ho esposto nelle mostre che ho curato, soprattutto quando da giovane mi sono a lungo occupato degli artisti trevigiani del Novecento, studiandoli e scrivendo decine di libri su di essi. Ed è così che tra queste pagine mi perdo.
Ho conosciuto tanti tra loro, hanno spesso accompagnato i miei primi passi come critico, quando Treviso aveva molte gallerie e quasi ogni fine settimana si inaugurava una mostra. Paolo Cigaia ha la mia stessa età. Ha lavorato all’estero per tanti anni, in America e in Francia, ma da ragazzini abbiamo giocato insieme a lungo nel patronato di Madona Granda, con lui, alto, biondo, soprattutto a pallavolo, e fatto i chierichetti e servito ogni sera al Fioretto del mese di maggio, dai padri Somaschi. Poi ognuno ha preso la sua strada, perché con la vita è sempre così, che segui un suono o un vento o un odore nell’aria e ti muovi e vai.
L’ho ritrovato adesso, collezionista che espone la sua collezione. Collezione che riguarda Treviso e allora tu puoi immaginare il senso di nostalgia che ti prende quando cammini sulla Fifth Avenue e senti l’odore dell’olio bruciato che sale da tombini e ti entra nelle narici e vedi i vapori e magari pensi al profumo dei tigli in giugno, quando da bambino percorrevi la via per andare a giocare con gli amici. E in questa distanza di spazio e di sentimento ti viene, magari, la voglia, e ancor più il bisogno, di collezionare immagini della tua terra lontana. Non sei solo colui che coltiva una nota malinconica che si protrae, ma diventi colui che custodisce una grande anima. Così in quella stessa terra capitava per esempio agli Indiani, quando venivano portati altrove dalle pianure e dalle montagne dov’erano sempre vissuti. Una grande anima, sì.
Paolo ha fatto proprio così e ha costruito una collezione bellissima, che è amore incondizionato per la sua città ma anche nitida capacità di scegliere le cose belle. Tutti i quadri che ha acquistato sono giusti, perfetti, precisi e incisi nella vita di ogni pittore. Potrei dire che non avrebbe potuto scegliere in modo migliore. E adesso ha fatto un dono, mostrando a chi abbia voluto vedere il senso di quell’amore. Scorrono sulle pareti di Casa Robegan un centinaio di opere, molte tra esse di pittori che hanno fatto la storia dell’arte nella nostra città e nella nostra provincia nel corso del secolo scorso. Citandoli alla rinfusa, da Ravenna a Caramel, da Malossi a Bottegal, da Cancian alla Tommasini, da Coletti a Barbisan, dall’amato Darzino presente con una dozzina di dipinti a Nesi, da Dinetto a Stefani, da Gambino ad Ambrogio, da Bettis fino al più giovane in questo elenco, Matteo Massagrande, con una sospesa e quasi balthusiana natura morta.
Le lettere che compaiono all’inizio del libro, Paolo le aveva scambiate con Renato de Giorgis. A lui Cigaia ha dedicato un’intera, meravigliosa sala in mostra, in una sorta di affascinante percorso antologico, dall’incunabolo del 1942, una natura morta, fino a una visione tutta luminosa del Sile del 2002. Non sapevo che avessimo avuto questa passione in comune. Per il pittore e l’uomo, che in Renato erano davvero la stessa cosa. Ho scritto tanto su Renato de Giorgis quando ero giovane, e con lui e tanti amici, da Carlo de Roberto a Francesco Michielin, da Giancarlo David a Loreto Martina, ho condiviso l’amore stringente e assoluto per la bellezza delle immagini. Sempre legate al vedere. Mi hanno insegnato, senza insegnarmelo mai, come la parola possa accostarsi ai colori e farsene compagna. Così faccio ormai da trentacinque anni. Bene o male che riesca. Uscendo da Casa Robegan, e salutando Paolo, avevo di nuovo anch’io tutti questi pittori nel cuore. E’ stata una folata, come un odore di tigli fioriti nell’aria. —
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