La fiction su Winckelmann firmata da una trevigiana

La storica dell’arte Paola Bonifacio ha sceneggiato il documentario storico. Anche la studiosa tra gli attori in scena come narratrice: mercoledì su Rai 3

TREVISO. Una tesi di laurea, un romanzo storico e adesso un docufilm per la Rai, tutti sulla figura di Johann Joachim Winckelmann, e tutti firmati da Paola Bonifacio, storica dell’arte di Conegliano. Il perno è “Il delitto Winckelmann. La tragica morte del fondatore dell’archeologia moderna”, libro edito da Metamorfosi nel 2014 che ha avuto uno straordinario successo e che ha fatto arrivare a Bonifacio anche l’encomio di Vittorio Sgarbi.



Winckelmann, nato a Stendal in Germania nel 1717 e assassinato in circostanze misteriose a Trieste nel 1768, è stato Prefetto delle Antichità del Vaticano, ideatore della scienza archeologica ed esponente del neoclassicismo. Il docufilm “In morte di un archeologo. Winckelmann, Trieste e il riscatto di una città”, per la regia di Piero Pieri e sceneggiatura di Paola Bonifacio, andrà in onda domenica 11 giugno alle 10 nella rete Rai Friuli Venezia Giulia e mercoledì 14 sui Rai 3 bis (canale 103) alle 21.20.

Come è nata questa collaborazione?

«Avevo già lavorato nella Rai friulana per un documentario sulla pittrice Miela Reina e per programmi radiofonici sull’arte, e quando l’amico regista Piero Pieri lesse il romanzo mi chiamò per trasformarlo insieme in un film».

Quanto è durata la produzione?

«Per questa docufiction di un’ora abbiamo lavorato un anno e lo abbiamo tutta girata a Trieste, sfondo delle varie vicende narrate, dalla morte di Winckelmann alla figura del celebre notabile triestino Domenico Rossetti, che ha sviluppato nella città del XIX secolo, in piena espansione economica, una nuova e più profonda consapevolezza civile e culturale».

Quindi c’è un rimando continuo tra presente e passato?

«Io ho voluto che Winckelmann, interpretato da Adriano Girardi, arrivasse in taxi e camminasse in costume storico nelle strade sia perché gli studi che lui ha lasciato si respirano ancora oggi, sia per rendere il documentario più originale e appetibile. E mentre lui gira per Trieste io vado negli archivi e cerco di ricostruire la sua vicenda, poi ci incrociamo e facciamo una sorta di “intervista impossibile” sulla sua vita. Nel film il mio ruolo è quello di narratrice che tesse un fil rouge e tiene insieme le varie dimensioni temporali».



E qual è il filo rosso che collega tutta la storia?

«Ho voluto raccontare come un evento tragico, l’assassinio di Winckelmann, abbia avuto poi esiti positivi a Trieste proprio a partire da quel cenotafio alla sua memoria, ideato e progettato da Rossetti come monumento neoclassico: un simbolo di modernità e di rinascita per far risplendere la città. Domenico Rossetti è stato il mio punto di riferimento per unire il passato al presente anche grazie a documenti inediti forniti dai suoi successori per essere svelati nel nostro film».

Ci saranno altre vetrine per questo nuovo lavoro?

«Nel 2017 ricorrono i 300 anni dalla nascita di Winckelmann e nel 2018 i 250 anni dalla sua morte e ci saranno celebrazioni in tutto il mondo. Ho incontrato il Professore Kunze, Presidente della Winckelmann Gesellschaft di Stendal, impegnata attualmente in una serie di manifestazioni nazionali e internazionali intese a promuovere l’illustre concittadino e c’è la possibilità che il nostro film rientri nei loro eventi».
 

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