“Illustri persuasioni” Il marketing della Belle Époque

L’esposizione inaugurale su tre piani: Parigi, la velocità la moda e la joie de vivre tra fine Ottocento e guerra
Di Virginia Baradel
agostini agenzia foto film treviso presentazione mostra salce
agostini agenzia foto film treviso presentazione mostra salce

di VIRGINIA BARADEL

E' davvero un bel giorno quando nasce un museo e lo è ancora di più se si tratta di una collezione unica nel suo genere, ricca e affascinante come quella dei manifesti pubblicitari. La raccolta Salce è diventata un museo dinamico, un giacimento di progetti e iniziative che gravitano intorno alla collezione sviluppandone il potenziale estetico come se fosse una centralina che irradia conoscenze in più direzioni. Nel caso della collezione Salce ciò avviene a partire da una specificità che è sintesi di epoche e linguaggi, tangente all'arte pura ma, più di essa, espressione della società in tempo reale, in anticipo solo sui desideri che sarà compito dell'affiche suscitare. Stavolta sono bastati meno di dieci anni al Ministero per rilevare e restaurare due complessi architettonici di grande pregio, San Gaetano e Santa Margherita e farne la doppia sede della collezione. San Gaetano, chiesa e sale espositive ospitano la prima mostra della collezione. Santa Margherita, vasta aula gotica, sarà cantiere ancora per poco e poi aprirà come prestigiosa sede per laboratori, uffici ed esposizioni allocati in un cubo all'interno della chiesa, mentre tutt'intorno rimarrà un ampio deambulatorio vuoto per consentire la proiezione murale degli originari affreschi di Tommaso da Modena con le Storie di Sant'Orsola, sottratte dalla rovinosa offesa napoleonica dall'abate Luigi Bailo e conservate ora nella Chiesa-Museo di Santa Caterina. Data la fragilità del materiale, che non può rimanere esposto più di quattro mesi, l'unico modo per poter ammirare i manifesti è il succedersi di mostre temporanee, fermo restando che specialisti e amatori avranno la possibilità di visionare il corpus della collezione nei depositi. Dunque il Museo è di fatto un'antologia in progress della grafica pubblicitaria dagli esordi al 1962, data della fine della raccolta che ha coinciso con la morte di Nando Salce. La chiesa di San Gaetano, appartenuta ai Cavalieri Templari, con dipinti di Giambattista Canal e organo Callido, è riservata alla didattica. Due video supportano la mostra: il primo, realizzato dallo IUAV, è sui temi della conservazione; l'altro è sulla cromolitografia, la prima e la più ammaliante delle tecniche cartellonistiche. Le mostre già programmate vanno sotto il titolo generale di "Illustri persuasioni" e riguardano i migliori manifesti della Belle Epoque, del periodo tra le due guerre e del secondo dopoguerra sino al 1962. L'esposizione inaugurale va dritta al cuore del linguaggio pubblicitario nel momento in cui celebra i suoi primi fasti. L'incantevole charme della Belle Epoque si sprigiona dai cartelloni affissi ai muri suscitando emozioni mai provate prima camminando per strada. Siamo tra la fine dell'Ottocento e la grande guerra: Parigi, le esposizioni universali, la velocità, la luce elettrica, la moda, i café chantant e la joie de vivre. Il percorso della mostra si snoda su tre piani e s'inizia dall'alto. Sin dai primi manifesti si palesa, tra nudi accademici e sinuosità moderniste, la singolarità dei cartellonisti italiani come Mataloni, Hohenstein, Dudovich, Metlicovitz, Malerba. Simbolismo e floreale si alleano per evocare le grazie pagane di fanciulle che pubblicizzano biciclette e fiammiferi, arredi e assicurazioni. Si assiste a una gara di eleganti trovate che ruota intorno al fascino femminile, ma disegno e figure sono ancora naturalistici. Le due versioni del Brevetto Auer di Mataloni, il manifesto che conquistò il diciassettenne Salce, racconta questa via degli esordi, prima dell'avvento decisivo della sintesi lineare e del colore piatto. Ma l'idea conta molto, e lo afferma il talento grafico di Dudovich con quel piccolo capolavoro che è Fisso l'idea del 1899. Dello stesso anno è il manifesto firmato da Leonetto Cappiello del giornale umoristico Le Frou-Frou: le lettere e il prezzo del giornale saltellano maliziosi tra i volant delle ampie gonne della ballerina che sgambetta il suo can-can. Di Dudovich sono esposte anche le cromolitografie: non siamo ancora alla sintesi e i dettagli affollano il campo ma la strada è segnata. Nelle vicinanze trova posto un altro grandissimo della grafica pubblicitaria, Aleardo Terzi, autore della scimmia appesa a un ramo che si pulisce i denti col Dentol. Sarà tuttavia il genio di Cappiello a fare il salto decisivo con i manifesti del Chocolat Klaus e del Bitter Campari. Fu l'illustratore livornese trapiantato a Parigi che rese irreversibile la combinazione di colori forti, piatti e contrastanti. Di diversa natura espressiva sono le geometrie e i colori, il fascino del nero e dei corpuscoli allineati della grafica della Secessione viennese, inscindibile dal lettering. Quello stile contagiò tutta l'Europa, ma fu la ville lumière e la filosofia della seduzione a dettare le tavole della legge della pubblicità che trovò il più fertile dei terreni proprio in Italia.

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