Volpago, una coop e l’Igp dei chiodini per rilanciare il Montello

Non essendo certificati sono venduti sottobanco, Sartoretto lancia la proposta: «Sono migliori di quelli di montagna, ma non possiamo utilizzarli in ristorante»
05/10/01 TV. Bancarelle dei funghi in p.za S. Vito. (Russello). © Paolo Balanza
05/10/01 TV. Bancarelle dei funghi in p.za S. Vito. (Russello). © Paolo Balanza

VOLPAGO. «Se vogliamo che i chiodini del Montello diventino un prodotto tipico del territorio e un traino per il turismo dobbiamo fare come Borgotaro con i porcini»: a dirlo è Attiliano Sartoretto, ristoratore a suo tempo fondatore dell'associazione "Ristoratori del Montello" e attuale gestore della trattoria "Al Manto" a Giavera. Si sa che i chiodini del Montello sono prodotto pregiatissimo, si parla anche di inserirli nel De.Co., che è la denominazione comunale di prodotti tipici. Solo che a quanto pare non sono commerciabili.

In pratica la gente li raccoglie, li mangia, qualcuno pure li vende a 10 euro al chilo, ma tutto sotto traccia. «Perché io possa fare dei piatti con i chiodini del Montello», spiega Attiliano Sartoretto, «dovrebbero essere certificati prima dall'Ulss e poi dovrei acquistarli con fattura. Invece non vengono né certificati né tantomeno possiamo farceli fatturare da qualcuno. Se io propongo un piatto di chiodini del Montello e la Guardia di Finanza viene a chiedermi la fattura di acquisto cosa gli faccio vedere?». Eppure i chiodini del Montello sono ritenuti migliori di quelli che arrivano dalla montagna, ma stando così le cose difficilmente possono fare da richiamo per il turismo gastronomico.

Una strada c'è per dare una svolta e far entrare “legalmente” i chiodini del Montello nei ristoranti. «Basta fare come Borgotaro, dove c'è il porcino più buono in assoluto», spiega Attiliano Sartoretto. «Ha il marchio Igp e un suo consorzio di tutela. Possiamo seguire anche noi la stessa strada. Si tratta innanzitutto di formare una cooperativa di raccoglitori, farli certificare dall'Ulss, venderli ai ristoratori e venderli, in confezioni, anche ai privati. E si può ottenere anche per essi il marchio Igp. Così abbiamo la certezza dell'autenticità e creiamo una fonte di reddito. Oggi c'è chi ne raccoglie a quintali e li vende, ma senza alcuna certificazione e senza ovviamente alcuna fattura. Se Comuni e Consorzio del Bosco Montello si muovono in questa direzione possiamo far diventare il chiodino del Montello un prodotto trainante, nel periodo autunnale, del turismo gastronomico sul Montello. Se invece si pensa di dare la De.Co. a un prodotto che non è commerciabile si fa solo un buco nell'acqua».

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