Vittorio Veneto sotto il fascismo
Dalla caduta del sindaco socialista a Marinetti che apre il teatro

VITTORIO VENETO. Il Bosco dell'Impero a Santa Augusta. Sono sei gli ebrei residenti a Vittorio Veneto nel 1938 con l'emanazione delle leggi razziali: Elisa Gentili e le cinque sorelle Levi. Si salveranno tutte perchè rifugiate presso le suore Maria Bambina e l'ospedale con la complicità del loro medico Giuseppe Vascellari.
A Vittorio Veneto, città decorata di medaglia d'oro della Resistenza, appare il primo libro che racconta tra storia e cronaca il fascismo vittoriese. Ne è autore Ido Da Ros, attento notista di fatti e personaggi locali, che dopo un'accurata ricerca ha messo nero su bianco in "Vittorio Veneto tra le due guerre mondiali" (De Bastiani Editore, 195 pagine, 14 euro).
Con la classica curiosità del cronista Da Ros scandaglia la vita di Vittorio e dintorni nel periodo che va dalla fine della grande Guerra, 1918, all'inizio della seconda, 1940, cogliendo soprattutto gli aspetti quotidiani di un percorso iniziato tra tumulti, disordini, saccheggi, "educative manganellate" e "depuranti somministrazioni di olio di ricino." Si scopre che la sezione del fascio di Vittorio fu costituita nel dicembre del 1920, dopo che a Treviso era nata già il 26 marzo 1919. Il 3 novembre 1920 il consiglio comunale aveva eletto Sindaco il socialista Augusto Costacurta.
"I socialisti – scrive Da Ros – possono così festeggiare la loro vittoria su preti e padroni, tanto da far affermare all'onorevole Tommaso Angelo Tonello da Fontanelle "Il Duomo di Ceneda sarà finalmente trasformato in rivendita di rape e patate!".
Molti gli scontri già dal 1920: per una questione di sfratti da parte di Giuseppe De Mori, proprietario terriero, e il mezzadro Campo Dall'Orto saranno fatti confluire a Vittorio duemila militari in pieno assetto di guerra. In occasione del Primo maggio arrivano due morti: i fascisti vittoriesi coadiuvati da quelli triestini, ritenuti quanto di meglio offrisse il mercato in fatto di manganellate, si scontrato con il corteo di socialisti. La resa dei conti avviene il 3 maggio quando rimane ucciso l'imbianchino Giulio Tandura e il 7 maggio al Caffè Grande dei Frati a Ceneda dove resta secco il bracciante Vittorio De Ros.
Politicamente le cose precipitano il 21 ottobre Costacurta si dimette da Sindaco. Molte le curiosità che Da Ros ha scovato, tipo l'iscrizione al fascio di Ottavio Bottecchia, il divieto di bestemmiare a Vittorio Veneto. Dopo un concorso antiblasfemico vinto da Omero De Nardi da Salsa con il motto "Vile è colui che Iddio bestemmia", l'insegna viene esposta alle entrate di Vittorio. E ancora notizie sulla setta massonica vittoriese, sul primo podestà Lino Vascellari, sulla Befana fascista, le visite di Mussolini e del Re. Il 1930 poi è un anno di grandi novità in seno al Fascio vittoriese con nuove nomine tra cui Adolfo Armellin, Angelo Balbinot, Tullio Cianetti, Giulio Doro e la signora Elda Pasqualis prima donna ad entrare in un organo direttivo del partito in sede locale.
Il 5 dicembre del 1930 viene inaugurata la Casa del Fascio e al teatro di Ceneda sarà Filippo Tommaso Marinetti, inventore del Futurismo, a tenere l'allocuzione ufficiale. Fedele alle sue teorie "antipassatiste" Marinetti si esibisce in scioppettii, balzi, lampeggi e sibili indescrivibili lasciando sconcertanto il vescovo Beccegato.
Dal 1931 al 1938 podestà sarà la medaglia d'oro Camillo De Carlo che "esalta il manganello".
Alessandro Valenti
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