Veneto Banca rivuole il quadro

«Comprato in buona fede»: chiesto sequestro e risarcimento danni
 
Veneto Banca è vittima, certamente. Ma da questa vicenda rischia di perdere in un colpo solo un investimento d'arte da un milione di euro. I carabinieri di Venezia hanno «scoperto» nelle loro collezioni la provenienza rubata di un Guardi comprato a 575 mila euro e la possibilità che sia falso un Ciardi acquistato a 415 mila euro. Due colpi d'immagine che, ora, la banca vuole recuperare per strada di giustizia. Senza guardare in faccia a nessuno.
 Con la richiesta - depositata nei giorni scorsi - di riavere indietro il «San Lazzaro dei mendicanti» di Francesco Guardi, olio su tela 44 per 45, regolarmente acquistato in buona fede, e con un'azione risarcitoria nei confronti di carabinieri e magistrati, pronti ad arrivare sul tavolo del ministro di Grazia e giustizia.  Perchè l'intrigo è internazionale e romanzesco, assomiglia a un film di Totò. Ma potrebbe anche nascondere una gigantesca truffa nel campo dell'arte, perchè l'ispettore della Soprintendenza Ettore Merkel stima il valore del dipinto in almeno due milioni di euro.  La vicenda parte dal misterioso furto compiuto nella casa veneziana della contessa milanese Ida Borletti, tra il gennaio e il luglio 1986. Una casa che la nobildonna milanese, figlia del senatore del Regno Borletti conte di Arosio (fondatore della Rinascente e dell'Upim), acquistò dal ministro repubblicano Bruno Visentini. Un furto senza scasso: solo la domestica e il guardiano avevano le chiavi.  Del dipinto si perdono le tracce, dunque, nel 1986. Per ritrovarle solo nel gennaio 2006, quando Veneto Banca lo acquista da una vecchietta di Motta di Livenza, Caterina Ruzzene, semplicemente la madre di un antiquario e mercante d'arte dalle alterne fortune, il barone Luciano Franchi di Meduna di Livenza. Prezzo pattuito: 575 mila euro.  I carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale, guidati dal capitano Salvatore Distefano, sono andati a fondo. E sono risaliti ai precedenti passaggi: Franchi lo avrebbe acquistato da Londra - per 230 milioni di lire - nel 1999 da Giuliano Oronti, antiquario di Roma, negozio in piazza Tor Sanguigna 1. Questi, a sua volta, lo avrebbe ricevuto da Paolo Malucelli, romagnolo di Forlì, re delle discoteche, il quale avrebbe riferito di averlo acquistato da un avvocato alcuni anni prima. Adesso il quadro sta per essere restituito agli eredi Borletti e cioè al figlio della contessa, l'artista Lucio Pozzi residente a New York. Proprio quello che Veneto Banca vuole impedire, nel timore di non rivederlo mai più: avendolo acquistato in assoluta buona fede, non avendo mai fatto mistero del suo possesso, ne chiede il sequestro giudiziario immediato perchè vuole vederci chiaro. Il banchiere di Montebelluna, Vincenzo Consoli, è su tutte le furie: il danno - materiale e d'immagine - vale milioni di euro. Almeno quanto è schizzata la quotazione della tela: acquistata nel 1999 a 230 milioni di lire, rivenduta nel 2006 a 575 mila euro, valutata oggi due milioni di euro.  Intorno a questa vicenda ruotano alcuni personaggi che sembrano usciti da una sceneggiatura: il senatore del Regno che per primo lo acquistò, la contessa che ne denunciò la scomparsa, la domestica e il guardiano che lo fecero soffiare sotto il naso, il barone di Meduna che lo rifilò alla banca, la mamma-vecchietta di Motta di Livenza, il mercante di Roma, il re delle balere romagnole. Mettiamoci pure il capitano dei carabinieri e l'avvocato di grido: quello degli eredi Borletti, ad esempio, è Massimo Dinoia, il legale di Ruby Rubacuori. Ma questa è cronaca di questi giorni.

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