Veneta Cucine, la ricetta per resistere alle crisi «Conquistare i mercati grazie al Made in Italy»

Denise Archiutti è amministratore delegato dell’azienda di Roncade «Francia e Germania sono le prime due aree per le esportazioni» 

l’intervista

«Il nostro impegno è quello di realizzare cucine belle e ben fatte, ma anche ambientalmente sostenibili e sicure». Denise Archiutti, ammnistratore delegato di Veneta Cucine, che già anni fa ha introdotto novità assolute, come un rivestimento autoigienizzante e antibatterico, e che ha chiuso il 2018 con fatturato di 204 milioni di euro, in crescita dell’8%, spiega che «l’innovazione di prodotto e la centralità del consumatore ha orientato tutti gli investimenti». Ambasciatrice del made in Italy, Archiutti condividerà la formula della crescita giovedì prossimo alle 17.30 all’Auditorium Cassamarca alla tavola rotonda di “Top 500”, anticipando che «l'incremento è dovuto ad un'attenta politica distributiva e di prodotto».

Quali i nuovi mercati su cui puntare?

«Francia e Germania sono i primi due mercati di esportazione per i mobili della nostra provincia, per Treviso il primo pesa il 17% il secondo il 16%. La Russia, a causa delle sanzioni, ha registrato nell'ultimo quadriennio un'inesorabile calo ed è oggi l'ottavo paese di esportazione, ciò ha comportato difficoltà serie a molte aziende. Anche per Veneta Cucine il mercato principale è l'UE, tra cui spiccano la Francia ma anche i mercati asiatici come Cina e India. L'Italia continuerà ad essere il nostro mercato principale ma puntiamo a consolidare la presenza nei paesi esteri per noi strategici».

La qualità italiana piace. Ma i costi sono sostenibili?

«Il Made in Italy è da sempre è sinonimo di bello e ben fatto. È importante che sia riconosciuto a livello internazionale anche come sostenibile da un punto di vista ambientale e sicuro trasmettendo un concetto complessivo di affidabilità e tecnologia avanzata che in passato poteva sembrare più una caratteristica di alcuni colleghi stranieri. Veneta Cucine proprio questo mese ha ottenuto la certificazione Made in Italy che definisce i requisiti per dichiarare l'origine italiana dei mobili. L'attualità di questa certificazione sta nel essere vincolata sia a requisiti di processo che di prodotto».

Perché questa nuova certificazione?

«Abbiamo deciso di dotarci di questa nuova certificazione, oltre già ai sistemi di Qualità, di Salute e Sicurezza sul Lavoro e di Gestione Ambientale, perché attribuisce valore all'origine italiana del mobile, non conta solo la provenienza ma anche il rispetto di standard qualitativi: è una decisione nella direzione della trasparenza verso il consumatore finale, che sia italiano o estero, consapevoli che raccontare come facciamo le cose sia un nostro dovere e che contribuisca a rafforzare ulteriormente la fiducia verso il Brand».

Cosa manca alle imprese?

«Manca un pensiero generale che metta l'impresa tra le priorità. Alle imprese servono infrastrutture, e un altro tema cruciale è il capitale umano, ci sono ambiti aziendali in cui non si trovano risorse, l'area ICT ne è un esempio eclatante. Abbiamo bisogno di risorse con competenze tecniche medio - alte ma non si trovano. Questo è un controsenso guardando al tasso di disoccupazione giovanile».

Maria Chiara Pellizzari

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