Vedelago, wc regalati dal Conte. Zaia: "Trasformiamoli in opere d'arte"

VEDELAGO. Se dai diamanti non nasce niente, è pur vero che dal letame nascono i fiori. Lo cantava Fabrizio De’ Andrè, ne fa... tesoro il governatore Luca Zaia, uno dei destinatari dei venti wc donati dal conte Emo per protestare sulla gestione della villa palladiana di Fanzolo, che fu di sua proprietà fino al 2004 prima di passare al Credito Cooperativo Trevigiano. Il presidente della giunta veneta chiama a raccolta artisti di grido: «Raduniamo le venti tazze spedite dal conte e trasformiamole in opere. Quindi organizziamo una mostra, magari proprio in villa Emo, e mettiamo all’asta questi pezzi unici griffati. Il ricavato? Lo daremo in beneficenza». Zaia ricorda e plaude alla battaglia dei mezzadri, rappresentati dalla Bcc per salvare la villa dalle ruspe dei cavatori. «Una storia unica con la consacrazione del popolo a custode della cultura, anche di quella palladiana». Prende con ironia il nobile omaggio inviatogli dal conte Leonardo Marco Emo. «Onorato», ci scherza su, «di aver ricevuto questa opera d’arte. Non entro nella polemica tra conte e banca. Non ne conosco gli estremi. Trasformo in risorsa un investimento di qualche migliaio di euro fatto dal conte». Che con meticolosa cura ha impacchettato le venti tazze in ceramica Dolomite (settanta-ottanta euro, l’una), ha fatto recapitare l’“originale” al presidente del Credito Trevigiano, Piero Pignata, le diciannove “repliche” a una lista di destinatari che comprende oltre a Zaia, tutto il cda della Fondazione Villa Emo, revisori dei conti compresi, la Banca d’Italia, il ministro Dario Franceschini, la sovrintendenza archeologica veneziana, il comando carabinieri di Treviso e Vedelago, la sindaca Cristina Andretta, la sua polizia locale. E tre “probiviri scelti in qualità di Emeriti Maestri della Culturale Universale e Italiana” che rispondono ai nomi di Philippe Daverio, Massimo Cacciati e Vittorio Sgarbi.
Ed proprio quest’ultimo a far notare che l’idea del water-opera d’arte non è originale. «L’ha già fatto Maurizio Cattelan», fa notare, «il suo wc d’oro è esposto al Guggenheim di New York». Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si si ricicla. «Non ho ancora ricevuto il water del conte, che conosco», aggiunge Sgarbi, «Mi riservo di sentire lui e la banca non appena mi saranno consegnati wc e documentazione. Sono stato in villa Emo, un luogo d’arte strepitoso. È aperta al pubblico? Sì? E allora dov’è il problema?».
L’omaggio dell’«oggetto sanitario assolutamente nuovo di zecca, dal design innocente, funzionale e dal valore economico ragionevole, un’opera d’arte post-pop», come lo definisce Leonardo Emo, è stato recapitato lunedì anche nel municipio di Vedelago, indirizzato alla sindaca Cristina Andretta. «Che dire?», commenta la destinataria nella sua qualità di rappresentante della comunità, «Sinceramente non ho apprezzato. L’ho trovato un omaggio di cattivo gusto». In municipio c’è chi, disincantato e concreto, propone una valorizzazione immediata dell’opera. «Usiamola per sostituire le tazze delle nostre scuole», suggeriscono dai servizi sociali. «Se proprio non vi serve, sto ristrutturando casa e non mi offendo se me la regalate», si offre qualcun altro.
Da villa Emo, sede della fondazione incaricata di gestire il compendio “battezzato” dall’Unesco patrimonio dell’Umanità, si ricostruisce la vicenda. «Tutto inizia il 21 marzo scorso», dettaglia Armando Crremasco, passionale presidente della fondazione. Nel primo giorno di primavera il Credito Trevigiano invia al conte la proposta di rivedere il comodato dell’archivio storico della famiglia Emo Capodilista, conservato nei locali della banca. L’intenzione è di allentare alcune clausole troppo stringenti per pensare a un serio investimento sull’allestimento di uno spazio ad hoc per tutta la documentazione. «Manutenzione e conservazione sono un costo», spiega Cremasco, «Spesa che siamo pronti ad affrontare avendo però la certezza che tra qualche anno la famiglia Emo non chieda la restituzione di tutto. Mai messi in discussione l’importanza del casato e la volontà di mantenerne la storia nella sua casa naturale: villa Emo, appunto. Metterò i water donati al mio cda nella stanza che avremmo voluto riservare all’archivio».
Il conte si rende disponibile a esporre le sue nobili ragioni «non prima della prossima settimana presso la sua dimora della Torrigiana a Sesto Fiorentino».
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso