Vedelago. Pesci morti, «ecco il colpevole»

VEDELAGO. Concluse le indagini Arpav e trovata la presunta fonte inquinante dei canali di Vedelago, risalente allo scorso maggio. Andrea Zanoni, consigliere regionale dem, invita l’amministrazione comunale a prendere provvedimenti immediati. Gli sversamenti, come si evince dalla scheda tecnica, arriverebbero dalla ditta Argentina “La Tranquera”, con magazzino in via Postumia 5 e sede legale a Montebelluna. Colti in flagrante i dipendenti mentre utilizzavano saponi e detersivi in prossimità di una canaletta. Da quel punto, la famosa schiuma vista da molti cittadini vedelaghesi si sarebbe diramata ampiamente all’interno della rete fluviale comunale, causando la moria dei pesci.
La ditta ha come attività prevalente quella del commercio in aree pubbliche di prodotti agroalimentari. Sopraggiunti sul luogo, i tecnici Arpav hanno sorpreso e fotografato alcuni dipendenti della ditta eseguire dei lavaggi a macchinari da cucina, con lancia ad alta pressione e saponi liquidi in elevate quantità. Dalla scheda tecnica redatta dagli operatori Arpav si evince chiaramente che «non essendovi scarichi, l’ipotesi più plausibile è che vi siano stati lo sciacquo o l'immissione di reflui direttamente nel canale».
I dati della relazione sono allarmanti. Per giorni le acque dei canali vedelaghesi hanno riscontrato un indice di ph pari a 10 (elevatissimo) e una saturazione da tensioattivi (saponi) pari a 802 milligrammi per litro. Nella relazione si invita inoltre l’azineda Ulss 2 Marca Trevigiana a compiere degli accertamenti igenico sanitari all’interno dell’azienda stessa. Per Andrea Zanoni non bisogna esitare: «Il sindaco ha fatto tramite la polizia locale notifica di reato alla magistratura? Lo stabile con annessa attrezzatura è stato messo sotto sequestro? E l’Usl è intervenuta dopo la richiesta dell’Arpav?. Nella relazione Arpav sono presenti alcune foto degli interni del magazzino, che fanno accapponare la pelle», dichiara Zanoni, «sono grato all’Arpav, alla quale mi ero rivolto subito dopo che mi venne segnalato il problema, per essere riuscita a identificare la fonte d’inquinante; mi preoccupano però, anche le condizioni igieniche da brivido dell’attività. Sulla sicurezza alimentare, le autorità devono usare il pugno di ferro».
Elia Cavarzan
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