Vazzoler vuole patteggiare e pagare 2 milioni in contanti

L’ex manager di Musile sta trattando la conclusione della vicenda giudiziaria  Il nodo della maxi multa tra i 2 e i 3 milioni di euro

La sua socia in affari aveva rassicurato un cliente-evasore, l’imprenditore siciliano Antonino Zito, preoccupato di farsi beccare: «Una falsa fattura? Processino... Patteggi». Fatta la legge, trovato l’inganno. Inciampato nella trappola di un’inchiesta per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale, ecco la soluzione per uscire dai guai senza troppe ferite: una pena patteggiata (fra i 2 anni e i 3 anni) e una maxi-sanzione da pagare allo Stato, tra i 2 e i 3 milioni di euro. Sta trattando la fine dei suoi guai giudiziari Alberto Vazzoler, 58enne di Musile di Piave, dentista sulla carta, negli anni ’90 profeta del libero e gratuito accesso alla rete grazie alla società NetFraternity con sede a Castelfranco Veneto nel Trevigiano, poi faccendiere d’assalto. E creatore (reoconfesso) di un sistema, operativo in tutta Europa, che consentiva ai mega-evasori di riportare liquidità nel Paese di residenza sfuggendo a ogni controllo. E, quanto ai clienti italiani, facendosi beffe degli sconti fiscali previsti da quella forma di condono chiamato voluntary disclosure. Pena patteggiata e tutto a norma di legge, per carità. È così che funziona. Solo che Vazzoler non vuole mollare l’osso. Ovvero il bottino, pardon due superattici sequestrati dal pm padovano Roberto D’Angelo che ha coordinato la complessa inchiesta affidata al Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza guidata dal tenente colonnello Vittorio Palmese. E vuole pagare con danaro liquido.

Sanzione in contanti oppure confisca dei due lussuosi appartamenti sotto sequestro preventivo su ordine del gip Cristina Cavaggion? Per chiudere la partita lo Stato reclama i soldi. Vazzoler, però, vuole tenersi il superattico di 274 metri quadrati e vista sul mare di Jesolo nella torre Mizar in piazza Drago con vasca-idromassaggio, intestato alla società Mare Calmo. E pure la mansarda di Padova, in piazza dei Frutti 36, attrezzata con l’immancabile spa e affaccio sul medievale palazzo della Ragione intestata alla sorella Stefania Vazzoler. Palazzo – ironia della storia – dove si amministrava la giustizia. Problema: se il lavoro di Vazzoler consisteva nell’aiutare evasori arruolati dal fiduciario di Lugano Remo Suardi (l’unico ancora in carcere) attraverso il ricorso a 13 società cartiere create per l’emissione di false fatture, giroconti in banche tra la Svizzera, i Paesi dell’Est e Dubai, transazioni inesistenti di lingotti d’oro, con quali soldi sono stati comprati i due immobili? Seconda domanda, come potrebbe lo Stato incassare il contante offerto da Vazzoler? Residente nel Principato di Monaco, il dentista-faccendiere è nullatenente, tanto da vantare dei creditori. Il suo lavoro? Incassare tra il 5 e il 10 per cento del danaro movimentato nelle operazioni di riciclaggio. Conseguenza: il contante è inaccettabile come pagamento di una sanzione. A meno che Vazzoler dimostri di avere a disposizione milioni di euro frutto di un onesto lavoro. L’inchiesta è al traguardo finale. A fine novembre scade la misura cautelare nei confronti di Vazzoler finito in carcere il 25 maggio e dal 29 giugno ai domiciliari nella casa di famiglia. —



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