Vasconetto, la più antica «In bottega, non sbagli»

Parla Francesco: «La specializzazione salva i piccoli artigiani, ma servono aiuti» La ricetta: «Riportare le arti in città, solo così si salvaguarda la storia di Treviso»
Di Federico De Wolanski

A Treviso c’è ancora chi passa davanti alla piccola vetrina in piazza dei Signori pensando che “Vasconetto” sia solo una piccola mesticheria, una bottega dove sugli scaffali si mettono in riga detergenti e saponi, lucidanti e spazzole, colori. Pochi sanno che lì una volta si faceva e si vendeva la cera per lucidare le sale dei palazzi del Re d’Italia, che fu Garibaldi in persona a consegnare nelle mani dell’avo Marco Vasconetto una medaglia d’argento di Vittorio Emanuele II per i suoi servigi e che una volta, mentre i garzoni caricavano i carri della ditta nei magazzini in vicolo XX Settembre, nonno e bisnonno bevevano il punch caldo nel retrobottega.

Era il 1858 quando la famiglia subentrò alla gestione della vecchia mesticheria che affacciava su piazza dei Signori. Da allora ad oggi la bottega e la produzione artigiana di cera e lucidi sono passate attraverso cinque generazioni. Dietro il bancone che ancora conserva il buco che una volta fungeva da cassa c’è Roberto, figlio di Francesco che qualche anno fa ha passato il testimone ma non rinuncia alla vita di bottega, «perché è una storia che comincia quando ero bambino, tiene unita tutta la mia famiglia ed è zeppa di ricordi, segreti, arte».

Tra ipermercati, maxiferramenta, imperi del fai da te, come fa Vasconetto a resistere?

«La storia da sola non basta, quello che conta è la competenza, la specializzazione il tempo. In bottega, e nei laboratori artigiani in genere, c’è una qualità e una capacità che i prodotti di massa non possono dare. Ed è questo che fa il successo, è questo l’elemento che può far sopravvivere le botteghe artigiane».

Il peggior concorrente dell’artigiano è la fretta? La corsa all’acquisto?

«In un certo qual modo si. Hai un problema da risolvere? Un detergente specifico da comprare? Vai nei mega-negozi, non chiedi nemmeno, e compri un prodotto universale che costa 10 centesimi di materia prima e 3 euro di pubblicità. Funziona? Molto spesso no. Qui invece vieni, spieghi che devi fare, vieni indirizzato e porti a casa un prodotto che il problema te lo risolve, un prodotto che costa 1,50 euro di materia e meno di pubblicità».

Voi, a Vasconetto, fate pubblicità?

«No, la fanno la nostra professionalità e la qualità del servizio che offriamo».

Ma se non foste in piazza dei Signori sopravvivereste?

«Forse no, perché i ritmi di vita oggi sono cambiati come la città, che ha allontanato i vecchi mestieri e i vecchi negozi con una corsa al rialzo degli affitti che può essere soddisfatta solo da grandi griffe. Il resto, si allontana e molto spesso purtroppo muore».

Come può farsi conoscere chi non è nel salotto buono?

«Purtroppo non è semplice, bisogna cambiare le abitudini di molti, far capire loro che le botteghe storiche non sono solo vecchie, ma sono zeppe di esperienza, sapere, qualità. Logico che tutto oggi si può trovare bell’e fatto in un grande magazzino, magari a prezzo inferiore. Ma dura tanto quanto? Vale tanto quanto? E soprattutto: sopravvive?».

L’artigiano può metterci le sue capacità, ma serve un aiutino esterno. No?

«Se non si vuol perdere per strada ogni testimonianza dei mestieri e delle botteghe storiche, sì».

A Treviso, che si può fare?

«Credo serva operare sugli affitti, trovare accordi per calmierarli o almeno favorire i mestieri. E, perché no, una volta trovata la quadra riuscire a concentrare le botteghe artigiane in un unico rione costituendo una sorta di quartierino dell’artigianato... Spazi vuoti non mancano certo. E credo serva anche abbassare i costi dei parcheggi, o se proprio si vuole pedonalizzare farlo offrendo un parcheggio adiacente alla città più comodo e utile».

Vasconetto, un aneddotto?

«...Però è vecchio».

Meglio...

«Ero piccolo, avevo appena iniziato a venire in bottega (qui l’iniziazione per tutti avveniva a 10-11 anni, pacchettini e ascoltare tanto i grandi). Mario Del Monaco veniva a farsi raccontare barzellette da papà e nonno. Quando rideva, ballava tutto, pensavo che venisse giù il negozio».

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