Ustionata da un tè, fa causa a Ryanair

TREVISO. Di ritorno dalla vacanze è finita dritta dritta all’ospedale con ustioni di primo e secondo grado sulle gambe, sull’addome, e perfino nelle parti intime. Tutto a causa di un’intera tazza di acqua bollente che le è stata rovesciata addosso dallo steward durante il volo Ryanair che la riportava a casa.
Un incidente, certo, ma causato dal trambusto in volo e a detta della donna «dalla frettolosità e dal disinteresse per il servizio» che le ha causato lesioni che si porterà dietro per parecchio tempo.
Tutto è successo all’inizio del mese. La donna, T.L. 38 anni, stava tornando da Palermo. Si era imbarcata con il fidanzato alle 19 con il volo della compagnia irlandese diretto a Treviso. All’interno dell’aereo però i due, come da nuove politiche della compagnia, sono stati divisi in due file diverse. «E fortunatamente vicine, perché lui ha avuto la possibilità di assistere a tutto quanto», racconta la donna.

Poco dopo il decollo, trascorso il momento dell’offerta degli acquisti, scatta il passaggio del carrello delle bevande. Lei chiede un té caldo, uno dei due steward addetti al servizio va a scaldare al microonde una tazza, mentre l’altro le consegna il contenitore con lo zucchero. Al ritorno dell’addetto di bordo le viene consegnato un bicchiere pieno di acqua bollente (anche troppo). «L’ho posto correttamente nell’apposito cerchietto segnato sul tavolino», racconta la donna, «ma mentre ero in attesa di prendere gli snack che lo stewerd stava cercando nei cassetti del carrello, il carrello urta il sedile di fronte al mio e il tè si rovescia sulle mie gambe, tutto mentre lo stuart tenta di passarmi gli snack e prendere il denaro dalle mie mani». La donna ha iniziato ad urlare perché l’acqua bollente le ha impregnato immediatamente i pantaloni, la maglia e anche le mutande. «Un dolore atroce», racconta, «ho provato ad alzarmi ma avendo la cintura, non riuscivo a togliermi i vestiti perché ero bloccata». Passano interminabili secondi, l’acqua che impregnava i vestiti fatica a raffreddarsi. Quando la donna riesce a correre in bagno e togliersi i vestiti urlando dal dolore, si rende conto dell’accaduto: «Ero in carne viva». Apre la porta e chiede aiuto, la raggiunge «non senza le proteste del personale» il fidanzato e anche un medico che era a bordo.
«Non avevano niente per medicarla», racconta lo stesso professionista che la assiste fino all’arrivo, imponendo venga chiamata l’ambulanza. All’atterraggio a Treviso la donna viene costretta a sedersi ancora al suo posto, coprendosi le parti ustionate con un telo. Viene caricata su una carrozzina, poi sull’ambulanza arrivata all’aeroporto «Canova». Lì le viene fatta una prima medicazione, ma è in ospedale che le prestano tutte le cure sottoponendola anche a una visita ginecologica, perché le ustioni erano arrivate fino alle parti intime. È uscita dal Ca’ Foncello solo a notte, con una prognosi di almeno 10 giorni e relative cure per le ustioni. Una prospettiva di completa guarigione, però, assai lunga.
La donna si è rivolta a uno studio legale per chiedere il risarcimento: «Il personale di bordo è stato inaccettabile, oltre a essersi disinteressato al danno causato si è preoccupato solo di discolparsi: né un aiuto, né cure. Ad oggi, dalla compagnia, neanche una telefonata per chiedere informazioni sull’accaduto o le conseguenze. Una vergogna».
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