Treviso, Manildo: «Non mi interessano poltrone, resto in politica»

TREVISO. «Alea iacta est». Giovanni Manildo, si dimette da consigliere comunale, e scegli a la celebre frase di Cesare.
Il suo Rubicone varcato, più che il Sile, è l’abbandono del mandato amministrativo a palazzo dei Trecento e Ca’ Sugana, dopo dieci anni che lui definisce formidabili: 5 da consigliere Pd e da vicepresidente del consiglio, poi i 5 da sindaco, a rompere un ventennio di egemonia leghista, la sconfitta cocente a giugno.
«Non lascio la politica, che mi è entrata dentro, ma ora voglio impegnarmi in un modo diverso».
Scelta sofferta?
«No, l’avevo ponderata, e sono stato anche mosso dal desiderio di restituire a mia moglie e ai miei tre figli il tempo sottratto loro nei 5 anni da sindaco. Tantissimo. Loro sono in credito, conto di saldare».
C’è chi la vede ancora a Roma, o in ruolo di rilievo a livello regionale.
«Escludo mie candidature, da Roma a Bruxelles passando per la Regione. Quello che ho in mente è un’attività incentrata soprattutto sul piano amministrativo, con un ulteriore risvolto politico».
Più concretamente?
«E’ una priorità impegnarsi per cambiare la politica che vince adesso, che vive sulla paura, che crea baluardi e muri. Spiace vedere una società che oggi sembra dare ascolto solo a chi grida, e che vuol essere “contro”. Va recuperato un progetto, il “per”, non il “contro”. Che risponda a desideri, alla bellezza, ai valori».
E si parte dal piano amministrativo?
«Ritengo di sì, è una scelta obbligata. E in questo ho sempre avuto grande affinità con l’ex ministro Delrio. Nel solco ideale di riferimento che per me resta Aldo Moro. Il cittadino come prima dimensione pubblica della comunità».
Sta parlando dei comitati civici che più di qualcuno evoca adesso nel Pd?
«Io penso a laboratori dove si aggreghino persone che vogliano reagire a questo momento buio».
E il Pd trevigiano?
«Posso parlare del capoluogo. Devo dire che ci sono giovani molto bravi: Pelloni sta facendo un grande lavoro, si sta muovendo bene, al mio posto subentra Rocco, entrambi sono rodati da 5 anni di mandato in consiglio. E non mancano i veterani che daranno loro una mano».
Anche Manildo?
«Senza dubbio, il mio contributo lavorano volentieri, insieme agli altri».
Conte ha tagliato i sei mesi: un giudizio?
«L’albero di Natale è bellissimo».
E Fondazione Cassamarca? Nuovo presidente è Luigi Garofalo, che avrebbe voluto anche lei.
«E per quello sono felice. Per il resto, mi pare di rivedere il Gattopardo».
Come cambiano le giornate, adesso, per Manildo?
«Oltre alla famiglia, dovrò concentrarmi sul lavoro. Allarghiamo lo stadio (fra poche settimane nascerà M7G, con 23 professionisti, fra cui i nuovi soci Gazzola, l’ex assessore, Marcolin, Manganiello e Manni ndr) e sto seguendo una consulenza importante per un grande gruppo industriale».
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