Treviso. L’arte ridona la bellezza alle donne deturpate dal bisturi

TREVISO. L'arte può curare con la bellezza. Colorare un lembo di pelle segnato da una cicatrice chirurgica non è un atto puramente estetico, ha un valore psicologico importante. Ogni anno nella Marca circa 3.500 trevigiani ricevono una diagnosi di tumore. La patologia più frequente riguarda il cancro alla mammella della donna, seguito da colon-retto, prostata e polmone. Inizia un percorso faticoso, fatto di terapie, talvolta di interventi chirurgici invasivi che lasciano il segno del bisturi sul corpo. Rimarginare quella ferita sulla pelle, renderla più armonica, può aiutare il paziente a non identificarsi con la patologia.

È questo il messaggio lanciato dalla mostra “Love your body” ospitata al FabLab di Castelfranco e realizzata in collaborazione con la Cna. Le fotografie scattate da Arcangelo Piai e Renato Zanette, contenute anche in un calendario, ritraggono i corpi di uomini e donne colpiti da neoplasie endocrine multiple, patologie ereditarie che spesso si manifestano con più forme tumorali insieme. Un disturbo genetico raro che in provincia di Treviso colpisce ogni anno una trentina di persone.
La mostra castellana è dunque un invito ad amarsi, sviluppando al massimo il concetto di arte funzionale al bello. «L'obiettivo era cercare di non coprire ma di abbellire un passato brutto volgendolo al positivo. Non è mai facile mettere a nudo le proprie ferite, mostrarle agli altri», spiega il body painter Michele Codazzi, che ha partecipato al progetto insieme alla moglie Martha Rini e ai colleghi Rossella Merola ed Etienne N'zi. I quattro artisti, insieme ai dodici soggetti ritratti, hanno studiato insieme come trasformare la pelle in una tavolozza, dove appaiono l'albero della vita, un drago con la fenice, un gruppo di farfalle in volo, una Madonna delle catene.

«Questi disegni hanno un forte valore simbolico, alludono alla libertà, alla rinascita, alla fede, racchiudono il passato e la personalità delle persone che hanno ospitato il disegno» aggiunge Codazzi. Ma la creatività può anche assumere un valore medico, andando a migliorare al tatto e alla vista il tratto di cute dopo l'operazione. Questa la sfida lanciata sette anni fa dall'ospedale Ca' Foncello di Treviso, il primo in Italia ad avviare un progetto di tatuaggio medicale del seno mettendo insieme il Centro di senologia, l’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’Usl 9 e la sezione trevigiana della Lega Italiana Lotta contro i Tumori.
Grazie alla dermopigmentazione viene ricostruita la zona dell'areola-capezzolo dopo l'intervento. Il colore ridisegna la parte asportata senza ulteriori prelievi di pelle. L'iniziativa pilota è diventata così un servizio sempre più apprezzato dalle donne, 300 pazienti dal 2010 ad oggi hanno scelto il tatuaggio rispetto al più invasivo prelievo di pelle dall'inguine per reinnestarlo sul seno. Il servizio sarà ora esteso anche agli ospedali di Montebelluna e Castelfranco con l'arrivo di altre due tatuatrici che affiancheranno Rita Molinari, professionista che ha dato avvio al progetto.

«L'aspetto estetico è fondamentale nel percorso di ritorno alla femminilità che precede la malattia» spiega il dottor Alessandro Gava, presidente Lilt Treviso, «la ricostruzione dà volume e simmetria al seno dopo una mastectomia, il tatuaggio consente alla donna di vedersi completamente riabilitata anche da punto di vista estetico». La dermopigmentazione ha raggiunto risultati straordinari, consente di ottenere degli effetti ottici in grado di restituire la tridimensionalità e di eliminare le discromie delle cicatrici. Vedersi allo specchio come prima, rappresenta una svolta verso il futuro.
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