Treviso perde oltre 12 mila residenti in tre anni: fuga di giovani e laureati all’estero

Tra il 2022 e il 2024 la provincia di Treviso ha registrato oltre 11.700 espatri, con un quarto di laureati tra i partenti. Germania, Regno Unito e Spagna le mete preferite

Andrea Dossi
Sempre più trevigiani se ne vanno all'estero per studiare e lavorare
Sempre più trevigiani se ne vanno all'estero per studiare e lavorare

La provincia di Treviso ha perso oltre 11.700 persone in tre anni, donne e uomini che hanno scelto di trasferirsi all’estero. Secondo un’elaborazione del Sole 24 Ore basata sugli ultimi dati Istat disponibili, nella Marca 13,4 residenti ogni mille hanno intrapreso la strada dell’emigrazione.

Un dato, quest’ultimo, che posiziona Treviso sul podio a livello nazionale, dietro a Bolzano e Imperia. Uno su quattro è laureato. Secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero degli Esteri al 31 dicembre 2023, la provincia di Treviso si conferma la prima nel Veneto per numero di residenti all’estero iscritti all’Aire, con un totale di 158.901 persone.

Il quadro 

A livello nazionale, quasi 500 mila italiani hanno lasciato l’Italia per andare all’estero nel triennio 2022-2024. Con i numeri dell’Istat, nel corso del 2024, l’emigrazione italiana ha registrato un aumento, superando per la prima volta negli anni 2000 la soglia dei 190 mila espatri. A trainare questo fenomeno è soprattutto la fuga di cittadini italiani, con 156 mila partenze (+36,5%), diretti principalmente verso Germania, Spagna e Regno Unito.

Sebbene l’immigrazione straniera resti ampiamente positiva, il saldo migratorio complessivo evidenzia una perdita di 103 mila cittadini italiani. A livello territoriale, il Nord (e il Nord-Est in particolare) si conferma l’area con la maggiore propensione all’emigrazione verso l’estero.

Chi emigra

L’identikit degli emigrati trevigiani rivela che la fascia d’età più rappresentata è quella tra i 21 e i 40 anni, e le destinazioni principali rimangono i Paesi europei come Germania, Svizzera, Francia, Regno Unito, Belgio e Spagna. Circa un quarto degli espatriati trevigiani (precisamente il 25, 7% secondo i dati della Cgia di Mestre) ha completato gli studi universitari.

Anche i migranti se ne vanno. Il 19° Rapporto sulla presenza e sulla distribuzione degli immigrati osserva che al 1° gennaio 2024 si contavano 89.366 stranieri, un dato in lieve flessione rispetto al biennio precedente. Il report evidenzia che la provincia sta perdendo attrattività per l’aumento del costo della vita e la difficoltà a trovare un alloggio, oltre al fenomeno del lavoro povero.

Emigrazione di opportunità

«Non è più un’emigrazione di necessità come in passato, ma di opportunità, che sottrae alla provincia di Treviso una generazione di giovani scolarizzati e adulti fino ai 40 anni». Così Alessandro Minello, economista e docente a Ca’ Foscari, analizza il fenomeno.

Secondo l’esperto, a differenza del passato quando a emigrare erano persone del ceto medio-basso in cerca di lavoro, ora a partire sono giovani mediamente istruiti.

Non solo lavoro

«Oggi non si trova un ambiente stimolante, dove costruire un progetto di vita che non è fatto solo di lavoro ma anche di attività collaterali come passioni e sport – spiega Minello – I giovani non considerano il lavoro come l’elemento più importante ma è totalizzante l’aspirazione a un progetto di vita più completo, attento ai valori come sostenibilità, etica e valorizzazione della persona.

Il sistema è fragile perché il mondo è cambiato perché sugli scenari internazionali appaiono enti che sono in grado di cambiare il corso della storia, pensiamo a Trump ma anche Putin. Oggi una laurea costa 150 mila euro a persona e se questo sforzo va all’estero, che cosa vogliamo proporre ai nostri giovani?».

Forza lavoro in fuga 

«Nonostante la nostra provincia sia alla continua ricerca di lavoratori, assistiamo a un’emigrazione di giovani in cerca di risposte alle proprie aspettative all’estero» aggiunge Franco Conte, presidente Trevisani nel Mondo. Non si tratta solo di una “fuga di cervelli” ma di una vera e propria “forza lavoro in fuga”.

«Per chi è laureato – continua Conte – la prima motivazione è la possibilità di trovare un lavoro rispondente al titolo di studio. Per chi non è laureato, è lo stipendio più elevato. Inoltre, è più rapida la progressione di carriera. Il ricambio generazionale in Italia è più lento e spesso un 35enne è ancora considerato troppo giovane. All’estero i 35enni rischiano di essere già troppo in là con l’età. Gli emigrati si stabilizzano in Inghilterra, soprattutto a Londra, a seguire Spagna, soprattutto a Madrid. Ci sono anche l’Australia e negli ultimi anni anche il Brasile, dove l’integrazione è più facile visto che ci sono molti discendenti italiani per la questione della lingua e delle abitudini». 

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