Treviso: «Dove vanno le nuvole», la famiglia Calò in un film

Un docufilm di Massimo Ferrari racconta l’accoglienza dei migranti da Treviso a Riace. L’esperienza nella casa del prof incassa il plauso di Mattarella e Merkel

TREVISO. C’è un’altra accoglienza oltre a quella dei centri, delle tendopoli e degli appartamenti riattati dalle cooperative e dai privati. Un’accoglienza più piccola, microscopica, se vogliamo, rispetto a quella dei grandi numeri che in questi giorni continuano ad alimentare proteste altrettanto grandi. È l’accoglienza in casa, in famiglia, un’esperienza che il professor Antonio Silvio Calò, sua moglie e i suoi figli portano avanti da oltre un anno e che oggi è diventata anche parte di un docu-film che verrà presentato in anteprima italiana a Padova giovedì sera ma è già stato visto in Quirinale e “premiato” dall’encomio del presidente Sergio Mattarella.

Le riprese. Sono durate un anno e per tre mesi hanno fatto pianta stabile in casa Calò, a Povegliano, dove il regista Massimo Ferrari (già ideatore di altri fortunati e premiati documentari di stampo sociale) e la sua troupe hanno vissuto fianco a fianco con i Calò e sei richiedenti asilo che la famiglia ha deciso di ospitare facendosi stretti nella villetta nel quartiere residenziale alle porte del Comune.

Quella del professore è stata una delle poche esperienze di accoglienza casalinga messe in atto in provincia. Una vera accoglienza “diffusa”, integrale, se vogliamo pure “spinta”, tanto intensa da ottenere gli onori del Quirinale – che ha ufficialmente premiato Calò per il suo impegno – ma anche la freddezza di alcune istituzioni che l’hanno confinata ai margini, quasi fosse non replicabile. Eppure i Calò hanno continuato arrivando oggi a creare una famiglia allargata dove anche i figli “adottivi” studiano e si formano per trovare lavoro «grazie ad una rete civile laica e non che si è messa in campo con noi» spiega il professore.

Da Fuocoammare alle nuvole. Di qui l’interesse di Ferrari, che ha deciso di inserire la storia del Calò nel grande docu-film “Dove vanno le nuvole” che potrebbe considerarsi come l’ideale seguito del pluri premiato “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi. «Quello è il racconto dell’emergenza sbarchi, del dramma e dell’impegno, “Dove vanno le nuvole” vuole essere la descrizione di quanto accade dopo» spiega il regista, «dell’Italia che integra, degli profughi che si mettono in gioco, delle persone che con loro creano progetti di vera inclusione e interazione». Il Docu-film racconta quattro esperienze diverse: quella della famiglia “allargata” dei Calò; quella della “Casa a Colori” di Padova, una struttura ricettiva attorno alla quale è nato un progetto di accoglienza e formazione per i richiedenti asilo che li ha portati a lavorare anche nel dopo-tornato a Dolo; il laboratorio teatrale dei “Cantieri meticci” a Bologna, dove i migranti vengono coinvolti in attività artistiche; e la storia del comune di Riace, in Calabria, meno di duemila abitanti il cui sindaco Domenico “Mimmo” Lucano è stato inserito tra le 50 persone più influenti della Terra dalla rivista Fortune per essersi inventato un sistema di accoglienza in cui i migranti lavorano con gli italiani per il comune (hanno massimizzato la raccolta differenziata porta a porta) e vanno a scuola dagli artigiani locali per riaprire le botteghe.

«Abbiamo cercato e raccontato storie di accoglienza che funzionano, sia per chi viene accolto che per chi accoglie» spiega Ferrari, «ho scelto la famiglia Calò incuriosito dalla sua scelta pioneristica, guidata dall’idea che questa emergenza sia anche una grande occasione per la civiltà. Siamo andati a scoprirla ed abbiamo scoperto un ambiente unico e incredibile, dove alle regole di convivenza quotidiana si uniscono slanci affettivi e progettualità forti» segue Ferrari, «lo abbiamo capito intervistando i ragazzi ospitati, la famiglia Calò, ma soprattutto condividendo le loro giornate, sia le tavolate dove per capirsi tutti quanti ormai si parla una lingua che mescola italiano, inglese, francese e africano, sia i percorsi formativi».

Il Quirinale. Per tre mesi, a tappe, Ferrari ha seguito i ragazzi di Calò in casa e a scuola, alla cooperativa agricola Topinambur e nei momenti i relax. Ed ha avuto la fortuna di capitare a casa Calò nei giorni in cui arrivò la lettera con cui il Quirinale invitava il professore a Roma per premiarlo proprio per la sua iniziativa. «Lo abbiamo seguito a Roma, come nella sua continua attività per promuovere a suon di scritti e lettere ai capi di governo d’Europa un modello di integrazione sostenibile».

Merkel. Non a caso una delle immagini del dietro le quinte del docu-film ritrae Calò alla scrivania, davanti al computer. È da lì che il professore e l’esperienza di casa Calò sono arrivati agli occhi della Comunità Europea e di vari capi di Stato. L’ultimo in ordine di tempo è stata la cancelliera tedesca Angela Merkel a cui Calò ha scritto nel settembre scorso e da cui ha ricevuto una lettera di ringraziamento e plauso per l’impegno svolto alcune settimane fa. Ad annunciarlo lui stesso nel corso di uno dei tanti dibattiti sull’immigrazione a cui viene invitato per raccontare la storia che “Dove vanno le nuvole” vorrebbe portare nei cinema o nelle tivù di tutta Italia. Ci sono trattative con Sky e altri canali televisivi, «una scalata difficile per un prodotto indipendente, ma non impossibile» ammette Ferrari, conscio della forza di quanto raccontato e del successo di uno dei suoi ultimi prodotti, “Atlantis”, premiato a New York. Da Povegliano Calò guarda all’Europa: «C’è un’altra via per gestire l’emergenza immigrazione».

 

 

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