Treviso, centinaia di lavori rifiutati: «La fabbrica è scomoda»

TREVISO. «I soldi non comprano tutto, io ho una vita là fuori» hanno risposto gli operai di un’azienda trevigiana quando è stato chiesto loro di lavorare di sabato. E i profili più qualificati rispondono «no» a tanti annunci di lavoro perché, spiegano i sindacalisti, non si accontentano di una “buona” paga ma vogliono anche un ambiente di lavoro dignitoso, stimolante, comodo. Il mondo dell’impresa fa autocritica: se Federico Zoppas ha parlato della necessità di rendere le aziende locali più «sexy», oggi la vice presidente di Unindustria Treviso, Antonella Candiotto, ribadisce che «le imprese devono diventare più evolute». C’è chi, come la Texa di Monastier, ha iniziato questo percorso diversi anni fa, e oggi accanto alla fabbrica ha costruito un ristorante, un teatro, una sala giochi. Perché oggi si dice no a un posto di lavoro anche perché l’ambiente, l’ecosistema aziendale non sono ritenuti soddisfacenti.
Il lavoro rifiutato. Un anno fa era stata la Rotas di Treviso ad affiggere cartelli per la ricerca del personale, vista la difficoltà a reperire tecnici specializzati. I casi poi si sono moltiplicati, è di questi giorni la polemica di Grafica Veneta nel Padovano, ma nella Marca denunciano problemi simili Veneta Cucine («Curriculum per posizioni commerciali ne arrivano a decine, ma per altre figure tecniche abbiamo ricerche aperte da mesi» ha detto la presidente Denise Archiutti), Zoppas Industries, Galdi, diversi altri “big”. «Il fatto è che dopo la crisi, con l’incremento del numero di offerte, anche i lavoratori esigono un salto di qualità, valutano le condizioni di lavoro e chiedono di contrattarle» spiega Nicola Atalmi, Cgil. «Ci sono tanti elementi, oltre il contratto, che sviliscono il valore del lavoro e lo rendono una merce. Tra questi, semplicemente, anche il fatto di avere fabbriche troppo calde in estate o gelide d’inverno. Se i “padroni” vogliono avere dipendenti qualificati, devono migliorare anche le condizioni e l’ambiente. Sapete cosa ci dicono gli operai? Che le maggiorazioni per gli straordinari non cambiano la vita, e che il tempo fuori dalla fabbrica vale. Perciò quello trascorso all’interno deve essere di qualità. Il mantra della eterna crisi non funziona più. Il dipendente cerca un ambiente stimolante, organizzato, in cui il titolare rispetti i collaboratori. Vi assicuro che non è per niente scontato».
L’azienda “sexy”. Vale soprattutto per i profili altamente qualificati. Ma la necessità di un restyling degli ambienti di lavoro riguarda tutti. Zoppas parlava di fabbriche “sexy”: «A me piace definirle “evolute”, o “dinamiche”» spiega Antonella Candiotto, «vedo molte società che dopo la crisi hanno investito per costruire un contesto lavorativo all’altezza, per trattenere i ragazzi bisogna avere ambienti stimolanti. Riconosciamo che chi se ne va dall’azienda lo fa non per lo stipendio, ma perché i loro manager non trovano sfide adeguate. Questa filosofia va estesa a tutti: è chiaro che le aziende di dimensioni minori, meno strutturate, fanno più fatica. Ma i progetti sulle risorse umane saranno, in futuro, sempre più centrali».
Il ristorante in fabbrica. Candiotto, general manager della Galdi di Paese, nella sua azienda ha avviato un programma di formazione dei manager perché sappiano motivare i giovani neo assunti. Texa, di Monastier, ha invece investito sull’ambiente vero e proprio: nella nuova sede inaugurata nel 2012 (taglio del nastro con l’allora ministro Elsa Fornero) hanno trovato spazio un caffè, un teatro, un ristorante, una sala giochi, un parco di 40 mila metri quadrati. «E in effetti - dice l’azienda - sarà un caso, ma qui non abbiamo più problemi a trovare personale».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso