Treviso: addio a Evelina, fondatrice dell'osteria da Nea

SILEA. Avrebbe compiuto 95 anni l'1 maggio, festa dei lavoratori. Lei, che aveva lavorato una vita, dalle prime luci dell'alba, quando le arrivava il pesce, fino a sera tardi, quando l'ultimo cliente, talvolta barcollando, si lasciava la porta aperta alle spalle. Brume autunnali, gelate invernali, cinguettii e profumi di primavera e gracidar di rane e frinire delle cicale d'estate, a far da contorno all'osteria dei barcaioli e di quanti, un tempo, usavano il fiume per i commerci via acqua. Erano i tempi in cui i burci non erano solo dei monumenti cristallizzati nel fango, ma barche vive, piene di granaglie e di tutto ciò che dalla Laguna saliva verso la città per ridiscendere, trasformato, nei giorni successivi. Grano, mais, canapa, derrate alimentari: tutto passava di là, da Nea, e lei era pronta, con la farsòra perennemente sul fuoco e l'olio buono che arrivava dalla vicina Chiarie Forti, per scaldare e sfamare quegli omoni dal linguaggio greve e dalla bestemmia tonante e colorita.
Ha chiuso gli occhi per sempre, con davanti il suo fiume, in riva al quale aveva continuato ad abitare, proprio sopra l'osteria, Evelina Bruniera.Tutti la chiamavano "la Nea", ma questo in realtà era il soprannome di suo marito, Anselmo Caldato, con cui aveva aperto nel 1956 il locale in riva al Sile che portava quel nome suggestivo "Osteria alle Barche da Nea", oggi arrivata alla terza generazione di gestione da parte dei Caldato. Oggi a condurre il locale, che è stato luogo di ritrovo di generazioni di trevigiani, sono i nipoti “giovani” di Nea, Walter e Samantha, dopo che i loro genitori avevano in precedenza raccolto il testimone di Anselmo. Ee soprattutto di Evelina.
L'anziana ristoratrice per anni, oltre a far da mangiare in memorabili weekend nei quali una fetta “borghese” di Treviso si riversava, dopo una passeggiata in Restera, sotto l'ombra degli alberi del giardino, sotto la pergola retrostante o all'interno dl locale, era solita preparare dei golosessi a scottadèo per chi, al banco, chiedeva un'"ombra" e qualcosa da mèttar sotto i denti sensa impegno.
Non mancavano i clienti “illustri”: politici, sportivi - la signora era particolarmente orgogliosa della foto che la ritraeva con l’eroe del Mondiale 82, Pablito Rossi - e personaggi dello spettacolo cui arrivava in orecchio la notizia della bravura ai fornelli della signora Evelina, si davano appuntamento in questo tratto del fiume che vede “morire” la strada asfaltata e proseguire il corso silente delle acque.
Serviva una clientela che con gli anni, dagli originali e rudi barcaioli o conduttori di animali che trainavano controcorrente i burci, si era trasformata in qualcosa di molto più trasversale e giovane, fino ad arrivare agli studenti che "bruciavano" scuola concedendosi una sosta corroborante nel loro vagabondare fuggitivo e bisognoso di anonimato. Potevano essere suoi nipoti,, quegli studenti, ma “la Nea” non faceva prediche. Aveva imparato, dalla vita, a non giudicare.
«E ce l'aveva trasmessa, questa lezione di tolleranza - dice la vera nipote, Samantha - Lei non aveva pregiudizi e non voleva che li avessimo nemmeno noi. Un esempio eccezionale, Mia nonna insegnava con il suo comportamento e noi abbiamo rispettato i suoi dettami e siamo molto fieri di com’era lei».
Com’era? Dura come chi si è conquistato la vita passo passo, poco incline alla trattativa “ruffiana”, capace di imporsi al di là di ogni ...indoratura. L’unica cosa che sapeva indorare era quel fritto magistrale che usciva dalla sua farsora, entrato nella leggenda, tanto da essere un segreto che si tramandava di madre in figlia con risultati eccezionali sotto il profilo del gradimento. Il proverbiale fritto non oscurava le altre specialità della cucina di Nea e ognuno la amava (e la ama) per ragioni diverse. Ieri, in punta di pievi, Evelina se n’è andata. Il funerale dovrebbe essere celebrato mercoledì a Silea.
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